Primo PianoStorie di quartiere

UN’INSEGNANTE, LA SCRITTURA E BRANCACCIO.. QUANDO LA PASSIONE (SI) FA STRADA

(di Isabella Cacciatore) Oggi parliamo di “buon esempio”, di maestri ed insegnamenti, di racconti e rivalutazione, di legalità e nuove generazioni, in un quartiere periferico complesso con trascorsi anche burrascosi.

Protagonista è Clelia Lombardo, professoressa e referente per le pari opportunità del Liceo Danilo Dolci di Brancaccio, nonché scrittrice.

Ad ispirare questa “storia di quartiere”, la presentazione del suo ultimo lavoro “Cadere, volare”, edito da Avagliano Editore, un’occasione che ci ha permesso di approfondire il suo percorso, a partire da una delle sue prime fatiche “La ragazza che sognava la libertà”, edito dal Gruppo Editoriale Raffaello.

 

  1. Ci racconti la sua esperienza come insegnante in un Istituto come questo… così grande, variegato e situato in una delle periferie più grandi e discusse.

“Ho sempre insegnato in scuole di periferia e penso che queste esperienze mi abbiamo permesso di guardare il mondo con occhi più aperti e con il cuore sempre disponibile alle diversità.

Il Liceo Danilo Dolci l’ho visto nascere, sono tra i “fondatori”. Scherzando con chi è rimasto da allora ci diciamo: “Ci faranno i busti!”.

Avrei potuto fare domanda di trasferimento ma, tranne che per una volta, non l’ho mai fatta. Credo dipenda dal fatto che non potrei più fare a meno del tipo di problemi che una scuola di periferia comporta.  La povertà culturale, il disagio sociale, le forme di violenza più o meno palesi e radicate, mi hanno costretta a lasciare da parte la rigidità del punto di vista personale per cercare sempre nuove soluzioni educative.

Non è stato facile.

Abbiamo affrontato periodi duri, atti vandalici pesanti, mancanza di finanziamenti, la lentezza esasperante nel cercare il cambiamento che non arriva, la mancanza di risposte e di strumenti, l’immondizia che scompare e ricompare davanti la scuola. Situazioni del genere ti forgiano, ti insegnano a continuare nonostante tutto.”

 

  1. Cos’è allora che la spinge a continuare ad insegnare in un contesto simile?

 “Non è masochismo ma passione. Pensare di fare bene laddove serve … e non dove ti conviene.

Nonostante tutto ho visto uscire dal nostro Istituto eccellenze, ragazze e ragazzi che oggi sono professionisti affermati. Abbiamo vinto premi in ogni ambito: nelle scienze, nello sport, nell’arte, per i progetti di legalità.

Nel 2017 con il docufilm “Bambina, go home” (lavoro del regista Alberto Castiglione che concludeva il progetto “Contro la vIOlenza” dedicato al contrasto alla violenza di genere e alle pari opportunità), il nostro Liceo è stato selezionato per rappresentare la Sicilia alla presenza del Presidente Mattarella, in occasione dell’apertura dell’anno scolastico.

Cosa si chiede di più a una scuola di Brancaccio? Eppure, ancora oggi, dobbiamo lottare, e tanto, perché ogni giorno è come se si ricominciasse sempre da capo.”

 

  1. Come e quando ha deciso di scrivere il libro su Lia Pipitone?

 

“Quando ho guardato gli occhi delle mie alunne a cui raccontavo la storia di Lia Pipitone.

Avevo conosciuto il figlio, Alessio Cordaro, durante un incontro organizzato a scuola.   Aveva portato la sua testimonianza parlando del libro che, scritto insieme al giornalista Salvo Palazzolo, cercava di scavare nella vicenda della morte della madre.

Sono rimasta così colpita che ne ho parlato anche con alcune colleghe.

Nel giro di poco ci abbiamo lavorato in classe diventando, così, il primo liceo della città coinvolto nella raccolta firme per la riapertura del processo per l’omicidio di Lia. Abbiamo inoltre realizzato una performance e vinto un premio.

Tutto questo sino a quando una mia collega e scrittrice per ragazzi, Giusi Parisi, mi dice: -Scrivila questa storia! L’hai raccontata così tante volte… solo tu puoi farlo!-.

  1. Cosa vuoi trasmettere attraverso questo libro?

 

Questo libro è un grido di giustizia ma è anche un volere trasmettere alle generazioni più giovani il valore di quella che io chiamo “Memoria attiva”.  Una memoria che spinge ad agire e a non abbassare mai la guardia. È un omaggio a Lia Pipitone, a Palermo, a chi è caduto, alle stragi del ‘92, al Comitato dei lenzuoli e alla Donne del digiuno.

 I ragazzi e le ragazze hanno bisogno di qualcuno che racconti loro la storia che li riguarda… Ed io lo faccio , perché credo nel potere della narrazione.”

 

  1. E’ uscito da poco l’ultimo suo libro”Cadere,volare”. La storia somiglia un po’ alla sua..

L’insegnare in un quartiere come Brancaccio, affiancato spesso a cronache di fatti mafiosi, quanto ha inciso sulla scelta delle storie da narrare?

 

Nel mio nuovo romanzo la protagonista è un’insegnante e di certo la mia esperienza ha ispirato il contesto in cui è ambientata la storia.

Quello che mi interessava era mettere in luce il coraggio che anima tante persone comuni come me, il valore del desiderio, il non lasciarsi schiacciare dalla gravità del tempo e del luogo in cui viviamo.

Lì dove siamo.. possiamo scegliere come essere.

Fare questa scommessa con se stesi, a volte, è lungo e faticoso ma consente di <volare>. E molte donne, in particolare, hanno bisogno di essere incoraggiate a compiere passi decisivi per credere in se stesse. “

 

  1. Quanto sono stati (e sono tutt’oggi) d’ispirazione i suoi alunni ed il contesto in cui vivono?

 

I miei alunni e alunne mi ispirano sempre. Io li osservo e chiedo: “che hai, come stai, che pensi, che succede?”. Mi hanno insegnato a scoprire le cose anche attraverso il silenzio.

Alcuni anni fa una mia alunna mi ha portata in corridoio e parlandomi dopo due anni in cui era stata zitta, siamo riusciti in questo modo a  salvarla da una terribile situazione d’abuso.

Alle loro spalle ci sono storie incredibili ed io cerco di rispettarle.  Poi adoro i loro capelli, a volte blu o rosa, la loro strafottenza, il loro essere a volte così bugiardi. Provano spesso a fregarti e tu li ami lo stesso.

Solo così puoi accettare la fatica e la mancanza di dedizione allo studio, cosa, questa, sempre più frequente.”

 

  1. Immagino che i suoi ragazzi siano parte attiva anche nella lettura dei suoi libri e saranno i suoi primi fan critici. Cosa ne pensano dei suoi lavori, delle tematiche affrontate e della sua passione da scrittrice?

“Alcuni leggono i miei libri e mi fanno mille domande. Mi dicono: -Prof, ma lei è famosa!-. Io rido, ovviamente.

 La mia scommessa è farli appassionare alla lettura.  Porto in classe testi di vario genere e ne leggo dei passi. (Due anni fa ho creato il progetto “Una stanza tutta per noi” dedicato alle scrittrici, partendo dalla lettura del libro “Una stanza tutta per loro” Avagliano Editore).

Cerco di farli riflettere, educarli a riconoscere i talenti e le parole delle donne, parlo di grammatica di genere e di cultura da rinnovare. Rimangono stupiti. A me interessa che riconoscano il proprio personale ed unico valore. Come gemme da far brillare.”

 

  1. Da un libro che racconta la storia di una ragazza che “disubbidiva al padre” per andare incontro a valori “più giusti” ad un libro che narra di un’insegnante, dei suoi ragazzi e delle tante difficoltà da affrontare in zone periferiche complesse. Cosa si sente di dire ai ragazzi d’oggi?

 

“ Dico tante cose e mi pare che non siano mai sufficienti. La partita con la tendenza a non pensare, a farsi i fatti propri, a evitare lo sforzo, a non impegnarsi , non è una partita paritaria. E questo non riguarda soltanto le scuole di periferia.

C’è una responsabilità sociale, educativa in senso ampio su cui bisogna ragionare, c’è una mancanza di ascolto emotivo molto pericolosa. In gioco c’è il futuro, la vivibilità, le logiche collettive in direzione umanitaria. Una cosa fra tutte dico loro: siete esseri pensanti, avete capacità illimitate, usatele! Appassionatevi a qualcosa, scegliete voi che cosa, vi salverà dalla solitudine e dalla sofferenza.”

 

  1. Una domanda frivola : Qual è il ruolo che le piace di più, tra insegnante e scrittrice?

“Non bado più ai ruoli, né saprei più distinguere tra l’uno e l’altro. E in modo frivolo direi che in fondo mi piace sia l’uno che l’altro ma non mi sento mai all’altezza né dell’uno né dell’altro.”

Le parole di Clelia lasciano senza parole, fungono al contempo da monito e da esempio.

Rivalutano  il ruolo dell’insegnante come quello di un maestro che illumina i sentieri di crescita dei ragazzi

E ciò è’ incoraggiante, soprattutto in un periodo difficile come quello che stiamo vivendo,  in cui la distanza, l’isolamento e la paura spingono la nuova gioventù a rinchiudersi in un  “mondo proprio” o, ancor peggio, a fuggire in percorsi apparentemente più facili ma anche più bui e pericolosi.

Mi piace pensare che, raccontando la storia Clelia, si possa esprime anche un senso di gratitudine a tutti coloro che si rivedono in essa, oltre che rappresentare una storia d’ispirazione per tanti altri.

Citando la “memoria attiva”, concludo con una citazione del prete, Don Pino Puglisi, che operò in prima linea nell’aiutare i ragazzi di Brancaccio: “ Se ognuno fa qualcosa si può fare molto”.

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