Primo PianoStorie di quartiere

Palermo e la bella gioventù. La storia di Corrado e di un’amicizia nata sfuggendo all’odio.

La prima “storia di quartiere” di questo nuovo anno 2021 è ricca di giuste speranze e di coraggio.

Nei primi mesi del 2020 accadde a Palermo un’ episodio di violenza ai danni di un ragazzo straniero Kande Boubacar. Il fatto avvenne precisamente nel centro storico della città, in tarda notte.

Due ragazzi ,presenti nei paraggi, accorsero in suo aiuto salvandolo da un branco aggressivo di circa 20 adolescenti. Oggi uno di questi due ragazzi ci racconta quella notte e si racconta.. facendo emergere le sue emozioni.

Conosco Corrado Luna da quando era piccolo e devo ammettere che appena ho saputo dell’episodio ho provato un sentimento di orgoglio. Non è solo un ragazzo giovane, lui rappresenta una generazione che definiamo spessa “bruciata” ma di cui invece c’è molto da apprezzare, con valori, che punta sul proprio futuro studiando, lavorando, impegnandosi e conducendo abitudine sane come la pratica di uno sport.

Sono sicura che molti dei nostri giovani avrebbero avuto lo stesso istinto d’aiutare un’altra persona in difficoltà. Come Emanuele Morganti, morto per difendere la ragazza, o più recentemente Willy, morto a 21 anni per difendere un amico.

Questa storia, al contrario, ha un lieto fine e merita d’essere raccontata dallo stesso protagonista. E’ la testimonianza di un ragazzo come tanti, di sani valori e principi imparati dalla propria famiglia e dal suo sport preferito, fornendogli i giusti strumenti per affrontare questa jungla di vita.

..E non importa la nazionalità o qualsiasi altra differenza sociale: la violenza va respinta sempre e a prescindere. Oggi Corrado ha un amico in più su cui contare.

Ciao Corrado Luna, quanti anni hai e cosa fai nella vita?

“Ciao , ho 28 anni, sono allenatore di canottaggio (uno sport che amo alla follia), lavoro come ragazzo delle consegne a domicilio e  sono laureato in ingegneria civile.”

Come è nata questa tua passione per il canottaggio?

“Da piccolo. Un’amica di famiglia, Monica Bazzano, ne parlava con grande entusiasmo e ho voluto provare. Mi piaceva l’idea di un corpo che con la propria energia fa scorrere una barca in acqua.”

Cosa ti ha lasciato lo sport?

“Sicuramente lo spirito di squadra. Mi ha aiutato molto anche ad avere più sicurezza e fiducia in me stesso. Mi ha dato la prova che se vuoi fortemente una cosa la puoi raggiungere con volontà e determinazione.”

Sei uno dei ragazzi che per casualità si sono trovati che si sono ritrovati coinvolti, all’inizio del 2020 in centro città, nell’aggressione rivolta ai danni di un ragazzo ventenne di origine senegalese. Ci racconti cosa è accaduto?

“Non ne parlo mai, è la prima volta. Io e un amico avevamo appena finito di lavorare, era mezzanotte passata. Stavamo passando dal centro in macchina quando sentiamo delle urla da parte di alcune ragazze. Ho fatto subito inversione accostandomi al marciapiede per capire meglio cosa stesse succedendo. Ho visto un ragazzo a terra e molti altri intorno a lui. A dire il vero ho temporeggiato un po’ per capire se scendere o meno..e appena il mio amico ha chiamato le forze dell’ordine col telefono ho deciso di scendere e dare una mano al ragazzo, sperando lo lasciassero andare. In quel momento ho dovuto improvvisare e non è stato facile. Ma ho avuto fortuna, quei ragazzi appena hanno sentito la parola “vigliacchi” perché erano in tanti contro uno, si sono sentiti forse colpiti nell’orgoglio e se ne sono andati. Potevo picchiarci tutti e due ma credo abbiano avuto paura un po’ della mia presa di posizione ed un po’ del probabile arrivo della volante. Erano ragazzini tra i 12 e 25 anni..”

Perché secondo te questi ragazzini si sono scagliati contro Kande Boubacar ?

“In questo caso, da ciò che racconta lui, per razzismo. Più in generali però penso che si la prevaricazione del più forte (colui che si sente tale) contro il diverso (colui che si reputa più debole). E’ un problema culturale, d’educazione e di valori. Il sentirsi superiori da più sicurezza a chi in realtà sicurezza non ne ha.”

Non hai avuto paura? Eravate due contro una decina di persone..

“E’ accaduta una cosa strana in realtà, dentro di me. Nel momento ho scelto di scendere dalla macchina ho deciso che dovevo affrontare le mie paura. Prima di andare a soccorrere “Bouba” dal linciaggio ho avuto due, massimo tre secondi di riflessione dove tra me e me mi sono chiesto “Vuoi salvaguardarti e non agire, restando però complice dell’indifferenza…o decidi di affrontare le tue paure e fare la cosa giusta?”.

Che poi non sapevo in quel momento se fosse la cosa giusta o incoscienza. Credo sia normale avere dubbi in certe circostanze.”

E’ normalissimo, anzi hai avuto quella giusta lucidità per avere in parte la situazione sotto controllo. Oggi hai modo di raccontarcelo ma non sempre le azioni giuste finiscono a lieto fine. Quanto hanno inciso i valori sportivi in questa tua reazione di difesa a favore del ragazzo?

“Hanno inciso in gran parte. Lo sport insegna il valore che ha la squadra, il supportarsi ed aiutarsi gli uni con gli altri, soprattutto nei momenti di fragilità.  In quel caso erano circa 20 contro uno e mi sono sentito in dovere di essere squadra con Bouba, il ragazzo aggredito e steso a terra.

Lo sport mi ha anche aiutato nell’affrontare me stesso ed i miei limiti, così come i momenti difficili. Senza scappare, affrontare per superare.”

Non hai mai voluto rilasciare interviste, perché?

“Perché questo è un’episodio che sto ancora elaborando dentro di me. Mi ha scosso emotivamente.

Ha fatto emergere lati del mio carattere che ancora non conosco sino in fondo e quindi mi sto riscoprendo con consapevolezze diverse. Poi a me è andata bene ma alcune volte penso se fosse andata diversamente..”

Hai più visto o sentito “Bouba”?

“Si spesso, abbiamo pure scoperto che abitiamo vicino. Infatti quando sono andato a prenderlo in ospedale per accertarmi della sua condizione fisica, appena gli ho chiesto dove abitasse ho avuto la sensazione che tutto forse non era stato pura coincidenza.”

Come ti vedi in futuro?

“Ad oggi non lo so. Ti ripeto, è un anno in cui mi sono messo in discussione sotto vari aspetti e devo capire qual’ è la mia vera rotta. La laurea non so se la userò, forse nel canottaggio, non so. Vorrei anche riuscire a vedermi padre un giorno, non esserlo per forza ma essere comunque pronto per esserlo se dovesse accadere.”

Corrado rappresenta i tanti nostri “bravi ragazzi”, non quelli dell’ alcool eccessivo, droghe o bamboccioni eterni. Egli rappresenta l’altro lato della gioventù. Fa parte di coloro che si mettono in discussione, vogliosi di apprendere, conoscere e scoprire, di vivere nel rispetto altrui e di se stessi.

Quelli insomma per i quali vale la pena credere ancora nel buono e nel meglio di questa società e del suo futuro.

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