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Il Pool antimafia del Giudice Chinnici: un modello che ha fatto scuola nella lotta contro la mafia

Ricordando il coraggio e la lungimiranza di Rocco Chinnici a quarant'anni dall'attentato di via Pipitone Federico

Ricordando il coraggio e la lungimiranza di Rocco Chinnici a quarant’anni dall’attentato di via Pipitone Federico

Il Pool antimafia del Giudice Chinnici: un modello che ha fatto scuola nella lotta contro la mafia

Il pool antimafia ideato dal giudice Chinnici rappresenta un capitolo cruciale nella lotta contro la criminalità organizzata e merita di essere riconosciuto come un modello virtuoso nell’ambito dell’investigazione moderna ed efficace. Nel momento in cui il giudice Chinnici ideò questo sistema, non esistevano ancora i collaboratori di giustizia, il che rende ancor più straordinario il suo impegno e la sua lungimiranza nel comprendere l’importanza di avviare un processo serio e approfondito di conoscenza del fenomeno mafioso.

L’attentato di via Pipitone Federico, in cui persero la vita il capo dell’Ufficio istruzione Rocco Chinnici, i membri della sua scorta e altre persone, rappresentò un atto di guerra spietato della mafia contro lo Stato. Questo tragico evento ha sottolineato quanto sia necessario continuare a combattere la criminalità organizzata e preservare la memoria di coloro che hanno sacrificato la propria vita per la causa della giustizia.

Giudice Chinnici

 

Il pool creato dal giudice Chinnici ha rappresentato un punto di svolta nella lotta contro Cosa Nostra e ha gettato le basi per un cambiamento radicale nell’opera di repressione della mafia. Il suo approccio innovativo e la sua determinazione hanno aperto la strada per una collaborazione più stretta tra le diverse agenzie investigative e giudiziarie, rendendo possibile la condivisione di informazioni cruciali nella lotta contro il crimine organizzato.

Oltre a essere un esempio virtuoso per gli uffici giudiziari, il pool antimafia del giudice Chinnici ha avuto un impatto duraturo sulla società civile, ispirando e incoraggiando chiunque si batta per un’Italia più giusta e libera dalla criminalità. Il suo contributo è un faro di speranza per le giovani generazioni, che devono essere educate sulla storia del nostro paese e sulla necessità di difendere i valori della giustizia e della legalità.

A quarant’anni dall’attentato che ha segnato la sua tragica fine, il ricordo di Rocco Chinnici deve essere conservato e tramandato come esempio di dedizione e coraggio nell’affrontare le sfide più grandi e pericolose. Onorare la sua memoria significa anche riconoscere l’importanza di continuare la lotta contro la mafia e ogni forma di criminalità organizzata, preservando l’eredità del suo lavoro per costruire un futuro migliore per l’Italia e per le generazioni future. La sua figura rimarrà indelebile nella storia del paese e la sua eredità continuerà a ispirare coloro che si battono per la giustizia e la legalità.

Giudice Chinnici

 

il pool antimafia del giudice Rocco Chinnici, un esempio virtuoso nella lotta contro la criminalità organizzata. A quarant'anni dall'attentato di Via Pipitone Federico, riconosciamo il coraggio di un uomo che ha segnato la storia della giustizia italiana

Chinnici, Schifani: «Il suo pool antimafia è stato un modello che ha fatto scuola»

«Il giudice Chinnici ha ideato con lungimiranza un sistema di investigazione moderno ed efficace consentendo allo Stato di poter avviare un processo di conoscenza, seria e approfondita, del fenomeno mafioso, quando ancora non esistevano i collaboratori di giustizia. Ha scritto una pagina indelebile nella storia del contrasto a Cosa nostra, che ha rappresentato il primo fondamentale tassello per un cambio di rotta nell’opera di repressione della criminalità organizzata. Il “pool” da lui creato è stato un modello che ha fatto scuola e che ancora oggi rimane un esempio virtuoso all’interno degli uffici giudiziari». Lo dice il presidente della Regione Siciliana Renato Schifani, in occasione del quarantesimo anniversario dell’attentato in cui persero la vita il capo dell’Ufficio istruzione, Rocco Chinnici, i due uomini della sua scorta, il maresciallo Mario Trapassi e l’appuntato Salvatore Bartolotta, e Stefano Li Sacchi, il portiere dello stabile nel quale il giudice viveva, e rimasero ferite alcune persone, tra le quali l’autista dell’auto blindata del magistrato,  Giovanni Paparcuri.

 

«Quello di via Pipitone Federico – continua Schifani – non fu solo un attentato contro un magistrato in prima linea, ma un vero atto di guerra della mafia contro lo Stato per le modalità plateali e stragiste con cui fu realizzato. Conservarne il ricordo e soprattutto tramandarlo alle giovani generazioni è certamente un dovere, per riconoscenza a Chinnici e per la società civile».

 

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