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Forza Italia tra fuoco amico e leadership in crisi: chi guida davvero il partito?

Dalle polemiche Inzerillo–Piampiano al richiamo di Pellegrino, passando per il caso Dragotto: gli azzurri siciliani appaiono divisi e lontani dai cittadini

Forza Italia, Pellegrino prova a spegnere il fuoco interno

Il presidente degli azzurri all’Ars richiama all’unità, ma il malessere nel partito resta forte

«Non servono polemiche sui giornali, il confronto deve avvenire nel congresso»

Sicilia, 28 agosto 2025 – Sulla diatriba esplosa dentro Forza Italia tra il consigliere Gianluca Inzerillo e il capogruppo in Consiglio comunale Leopoldo Piampiano interviene il presidente dei deputati azzurri all’Ars, Stefano Pellegrino. Con una nota ufficiale, Pellegrino prova a smorzare le polemiche e a ricondurre il dibattito nelle sedi politiche.

“In queste ore, tantissimi militanti e simpatizzanti di Forza Italia sono comprensibilmente spaesati e confusi di fronte a polemiche interne di cui spesso non colgono le ragioni e la portata – dichiara Stefano Pellegrino.
Queste dinamiche, sebbene talvolta espressione di un legittimo dibattito, non aiutano il partito e rischiano di offrire il fianco agli avversari di Forza Italia.
Esistono i luoghi e i tempi giusti per il confronto democratico. Per l’attività del gruppo parlamentare, il momento naturale sarà in vista della ripresa dei lavori dell’Assemblea Regionale. Per il partito, l’appuntamento fondamentale è l’imminente Congresso Regionale.
Che il dibattito avvenga sistematicamente attraverso la stampa, senza un reale confronto, o, peggio, filtrando pezzi di comunicazioni private, non è utile a Forza Italia, e soprattutto tradisce la fiducia dei nostri iscritti, che meritano chiarezza e coesione.
La forza delle nostre idee si misurerà nella lealtà e nella trasparenza del dibattito congressuale, non sulle pagine dei giornali. L’obiettivo comune deve rimanere uno solo: lavorare uniti per il bene della Sicilia insieme al Governo del Presidente Schifani”.

Lo scontro oltre Palermo: Mulè e Falcone alzano i toni

Il richiamo di Pellegrino ai “militanti spaesati” fotografa solo in parte la realtà.
La spaccatura dentro Forza Italia non è una lite periferica tra consiglieri, ma coinvolge figure di primo piano del partito.
Due pezzi da novanta – Giorgio Mulè, vicepresidente della Camera, e Marco Falcone, eurodeputato a Strasburgo – hanno preso posizione pubblicamente, non limitandosi a critiche generiche, ma alzando i toni contro la linea Schifani e la gestione affidata a un gruppo ristretto di fedelissimi.

Mulè ha ricordato che Schifani non era stato il primo nome in corsa per la presidenza, sottolineando errori e contraddizioni di una leadership che non ha mai convinto fino in fondo.
Falcone, dal canto suo, ha rilanciato il tema del rinnovamento, denunciando omissioni e mancate scelte strategiche a livello regionale e aprendo un fronte critico che ha un peso non solo in Sicilia, ma anche negli equilibri europei del partito.

Sono prese di posizione che pesano più di qualsiasi intervento consiliare, perché mostrano che la vera partita di Forza Italia non si gioca solo a Sala delle Lapidi, ma tra Roma e Strasburgo.
E dimostrano che lo scontro in corso non riguarda solo la base, ma tocca direttamente i vertici istituzionali del partito, segnando una frattura che appare sempre più difficile da ricomporre.

La miccia Dragotto

Lo scontro in consiglio comunale ha avuto come detonatore la variazione di bilancio collegata all’accesso a un fondo regionale da 250.000 euro, già destinato a cinque eventi culturali. 
La voce più discussa era l’assegnazione di 100.000 euro al progetto “Sicily for Life – Gigi & Friends”, organizzato dalla Fondazione Dragotto e già programmato nei capitoli di spesa.  L’opposizione  aveva presentato un emendamento per cancellare quella voce che Inzerillo aveva condiviso, ma la seduta si è chiusa con l’approvazione della variazione di bilancio e il decreto dell’Assessorato regionale al Turismo e Spettacolo.
In questa procedura, il Consiglio comunale non aveva margini di scelta: poteva soltanto ratificare l’atto, non modificarne i beneficiari. Tra i destinatari figurava appunto la Fondazione Dragotto, assegnataria di 100.000 euro per l’evento “Gigi & Friends”, già realizzato nei mesi scorsi.

Un partito senza guida?

Il richiamo all’unità lanciato da Pellegrino fotografa bene la tensione che attraversa Forza Italia non solo a Palermo, ma anche a Roma.
I problemi, però, non si esauriscono nella polemica tra consiglieri: sullo sfondo c’è l’affaire della leadership futura.

Molti vogliono comandare, alcuni si auto-proclamano “Dei”, come se risorse e potere della cosa pubblica fossero un portafoglio personale. È un errore politico, ma anche un rischio legale.
Il dato è chiaro: manca un leader vero.
In tanti guardano alla poltrona di presidente della Regione, ma restano nascosti per timore o per calcolo.
Eppure, a un anno dalle elezioni, può accadere ciò che oggi molti reputano impossibile.

Gli equilibri imposti dal governatore Renato Schifani non convincono neppure parte del suo stesso governo, che “ingoia il rospo” fino a quando sarà inevitabile.
Come ricordato in un’intervista dall’onorevole Giorgio Mulè, Schifani non era il primo nome in corsa. La sua candidatura fu sostenuta da Ignazio La Russa e con la disapprovazione di Gianfranco Miccichè, poi manifestato con l’uscita del partito.
Oggi, tra fedeltà dichiarate, silenzi tattici e manovre sotterranee, tutti ambiscono a governare la Sicilia.

Il problema del consenso

Secondo il Governance Poll del Sole 24 Ore, Schifani si colloca nella fascia medio-bassa della classifica nazionale dei governatori.
Il suo rapporto con i cittadini è giudicato distante: non ama il contatto diretto, non stringe mani, non cerca piazze.
Lo stesso atteggiamento si riflette nella comunicazione: il governatore si affida a un gruppo ristretto di media, privilegiando pochi interlocutori scelti e lasciando fuori una parte consistente del panorama giornalistico.
Un metodo che alimenta critiche interne e rafforza l’immagine di una leadership distante e poco inclusiva.

Eppure senza voti non si governa, e senza consenso non si vince.

Il dibattito resta aperto

Il dibattito resta dunque aperto, nonostante i richiami all’unità di Pellegrino.
E non può essere ridotto a un problema di “militanti spaesati”: riguarda la governance della Sicilia e della quinta città d’Italia e la capacità della politica di dare risposte concrete a cittadini che attendono fatti, non retorica.

Manca la figura di Silvio Berlusconi, che per decenni è stato punto di riferimento e collante.
Secondo indiscrezioni di corridoio, Pier Silvio Berlusconi sarebbe al corrente di dinamiche interne al partito, sia a livello nazionale che regionale, e non sarebbe soddisfatto dell’attuale gestione.
Le stesse voci parlano di una sua possibile disponibilità a intervenire per riportare ordine e coesione.

Si tratta però di retroscena non confermati, che non trovano al momento riscontri ufficiali, ma che circolano con insistenza negli ambienti azzurri.
Resta da capire se un eventuale intervento possa incidere davvero sugli equilibri del partito in Sicilia e a Roma.

Ci leggiamo alla prossima.

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