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RUBRICA DELL’AVVOCATO DEL MARTEDI’_ DIFFAMAZIONE TRAMITE FACEBOOK

a cura dell’avvocato Francesca Paola Quartararo

L’art. 595 c.p. all’interno del secondo libro “dei delitti in particolare” Titolo XII “dei delitti contro la persona” capo II “dei delitti contro l’onore”, il legislatore ha previsto l’applicazione del reato di diffamazione anche nel caso in cui esso sia commesso per via telematica o informatica.

La diffamazione a mezzo Facebook – tramite post diffamatori – si può verificare:

  1. La pubblicazione su pagine personali;
  2. La pubblicazione su post di commenti o quant’altro su pagine condivise.

Difatti, la giurisprudenza della Suprema Corte ha ritenuto che, nel momento in cui si pongono in essere determinati comportamenti “digitali” è possibile la realizzazione della condotta tipica del delitto di diffamazione (se il destinatario sono persona diverse) aggravata dal III comma del medesimo articolo. Nel momento in cui un’utente pubblica sulla bacheca del proprio profilo personale, del social network Facebook, un messaggio a contenuto lesivo dell’onere e della reputazione di un altro soggetto, tale comportamento “digitale” integra il delitto di diffamazione aggravata dall’utilizzo di altro mezzo di pubblicità, integrato dai nuovi mezzi di comunicazione digitale.

Quali sono i presupposti per il reato di diffamazione a mezzo Facebook?

Affinché si possa configurare il reato di diffamazione a mezzo Facebook, si devono configurare alcuni elementi necessari:

  • La comunicazione con cui più persone alla luce del carattere pubblico dello spazio virtuale e la possibile sua incontrollata diffusione;
  • La coscienza e volontà di utilizzare espressioni e parole oggettivamente idonee a recare una diretta e/o indiretta offesa al decoro, onore e reputazione del soggetto passivo;
  • L’assenza del soggetto offeso al momento del compimento del reato;
  • Un ulteriore elemento riguarda la precisa individualità del destinatario delle manifestazioni ingiuriose.

Facciamo un esempio: Sempronio e Mevio litigano in casa di Tizio. Sempronio uscito da casa di Tizio, per vendicarsi del comportamento scorretto di Mevio, scrive su Facebook “Mevio è uno stronzo pezzo di m….”

Ecco, questo una tipica condotta che integra il reato di diffamazione, dacché Sempronio, nel paradigma sopra descritto, comunica a più persone tramite la piattaforma social network Facebook, di ledere la reputazione di Mevio in sua assenza. Il tutto aumentato dall’aggravante della pubblicità, poiché aver diffamato un soggetto tramite Facebook è più grave rispetto alla normale ipotesi di diffamazione, dacché attraverso le piattaforme on line è possibile raggiungere migliaia di persone con un semplice post.

Sul quest’ultimo punto, la Cassazione con sentenza n. 10762/2022 per integrare il reato di diffamazione aggravata a mezzo Facebook ex art. 595 III comma c.p., a precisato che: “la pubblicazione di frasi offensive su social network è capace di raggiungere un numero indeterminato, o comunque quantitativamente apprezzabile, di persone, se rivolto nei confronti di un soggetto individuato o individuabile, senza che osti – l’assenza di indicazioni nominativa del soggetto la cui reputazione è lesa – qualora lo stesso sia individuabile, sia pure da parte di un numero limitato di persone, attraverso elementi della fattispecie concreta, quali la natura e la portata dell’offesa, le circostanze narrate, oggettive e soggettive, i riferimenti personali e temporali”.

La Cassazione è arrivata a questo principio di diritto, in riferimento alla condotta di diffamazione aggravata tenuta dal soggetto imputato perché alla persona offesa, affetta da un particolare deficit fisico, venivano rivolte frasi denigratorie che facevano riferimento a questa caratteristica fisica, legate alla sua professione, facevano ben comprendere a chi fossero destinate le offese.

Si può ottenere un risarcimento del danno a seguito di diffamazione avvenuta con Facebook?

La vittima può agire legalmente nei confronti del soggetto che ha compiuto il reato di diffamazione per mezzo Facebook. Si può agire in due modi diversi:

  • Azione penale: querela penale;
  • Azione civile: per mezzo del ricorso o citazione presso il Tribunale territorialmente competente.

Per poter applicare l’azione penale o civile si consiglia farsi assistere da un avvocato per la redazione della querela per diffamazione o per la redazione del ricorso/atto di citazione in giudizio.

A tal proposito la Suprema Corte, con la sentenza n.38099/2015 ha stabilito che, premesso che il delitto di diffamazione si consuma nel momento in cui la frase offensiva è percepita all’esterno, ha enunciato il principio di diritto secondo cui: “il dies a quo, termine iniziale, per la decorrenza del termine per proporre querela coincide con la data contestuale o temporalmente prossima a quella in cui il messaggio diffamatorio è pubblicato su internet, salvo che l’interessato fornisca prova contraria circa il diverso momento in cui è effettivamente venuto a conoscenza dell’offesa”.

La materia in oggetto necessita di ulteriori approfondimenti per la quale bisogna esaminarli in relazione al singolo caso concreto. Per maggiori informazioni e/o pareri in merito alla questione consultate il sito www.avvocatoquartararo.eu

 

Francesca Paola Quartararo

Avvocato Francesca Paola Quartararo

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