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Del Debbio e la scelta controversa: non ospitare in TV criminali e portatori d’odio

Evitare di dare visibilità e spazio a chi promuove l'illegalità e odio

Del Debbio attento giornalista e bravo conduttore eviti di portare nel grande schermo criminali piccoli o grandi che siano.

Il ruolo cruciale dei media nel plasmare l’opinione pubblica richiede un’attenta valutazione sull’impatto sociale degli ospiti e dei contenuti trasmessi.

Del Debbio e la scelta controversa: non ospitare in TV criminali e portatori d’odio

Il ragazzo “criminal”: “prendete la sicurezza e chi cazzo volete” queste le parole rivolte dal trapper al conduttore Del Debbio che gli chiede di lasciare lo studio…VIDEO

Nell’ultimo episodio televisivo del programma “Dritto e Rovescio”, condotto da Paolo Del Debbio, abbiamo assistito a una scena turbolenta. Uno dei giovani ospiti, rappresentante della cultura dei “maranza” – gruppi di giovani immigrati di seconda generazione a cavallo tra trap e criminalità – è diventato protagonista di un acceso confronto. Questo confronto, spingendosi ai limiti dell’educazione e del rispetto, ha visto il conduttore essere prevaricato e sfidato, sia dal pubblico che dalla sicurezza, che è stata chiamata per allontanare l’ospite dallo studio.

Durante la trasmissione, dopo un servizio sui maranza, l’ospite ha iniziato a esprimersi in modo sempre più irruento, lanciando insulti e parolacce. Il suo comportamento è degenerato fino a includere gesti provocatori e minacce. Del Debbio, cercando inizialmente di mantenere la calma, ha invitato l’ospite a moderare il tono e il linguaggio. Tuttavia, di fronte alla continua sfida e provocazione, il giornalista è stato costretto a chiedere l’intervento della sicurezza.

Questo incidente non è un caso isolato nel percorso di Del Debbio, noto per ospitare una varietà di personaggi nel suo show. In passato, ha già dovuto gestire situazioni simili, come quella del tiktoker marocchino famoso per non pagare il biglietto dei treni e per le sue azioni provocatorie.

L’evento ha suscitato reazioni anche nel panorama politico. Matteo Salvini, esponente della Lega, ha espresso il suo sostegno a Del Debbio sui social media, sottolineando la necessità di una maggiore severità nei confronti di comportamenti delinquenziali e di bullismo. Salvini ha invocato un rispetto più profondo delle regole e della convivenza, proponendo anche l’impiego di servizio civile o militare come possibili strumenti educativi.

Il caso sollevato in “Dritto e Rovescio” riflette questioni più ampie legate all’integrazione sociale, alla criminalità giovanile e al dibattito su come gestire le sfide emergenti in una società sempre più multiculturale. Le tensioni evidenziate nel programma televisivo sono un microcosmo delle discussioni più ampie che riguardano l’ordine pubblico, la convivenza interculturale e il ruolo dei media nel moderare e presentare queste dinamiche. Se da un lato le forze politiche di sinistra, come il PD, ritengono che questi atteggiamenti aggressivi e criminali siano dovuti all’emarginazione e all’abbandono da parte della politica, dall’altra il centro-destra ritiene che si tratti di una cultura o sottocultura propria, che si diverte a sfidare lo Stato italiano, e che richieda soluzioni più severe.

Tuttavia, siamo convinti che ospitare in TV personaggi di dubbia onestà, se non addirittura criminali, borseggiatori, truffatori e spacciatori, non faccia bene alla cultura del nostro Paese. Il senso di impunità e di sfida da parte di questi soggetti verso chiunque, come evidenziato dalle recenti interazioni con il conduttore in diretta televisiva, è talmente elevato che potrebbe diventare un esempio negativo da emulare per giovani immigrati e non solo. La cultura del più prepotente sta guadagnando sempre più spazio in questa società civile, che di civile sta perdendo molto.

Sarebbe opportuno che trasmissioni del calibro di “Dritto e Rovescio” evitassero di dare visibilità a personaggi di questo tipo, che potrebbero diventare “modelli” negativi per altri giovani. Questi ultimi, spesso agendo sotto la copertura della frustrazione e del sentirsi incompresi, possono essere indotti a giocare alla guerra contro altri giovani e contro la stessa società civile, che già a stento sopporta questa situazione, rischiando così di incentivare ulteriormente il fenomeno.

L’informazione, che dovrebbe sempre rafforzare la legalità e la giustizia, rischia di fare proprio il contrario. Baby gang e trapper, che incitano a guerre civili e campagne di odio verso altre persone e forze dell’ordine, rappresentano un grave problema sociale del nostro secolo. La politica e i governi devono trovare soluzioni efficaci per punire severamente chi nuoce agli altri e, nel contempo, lavorare sull’aspetto culturale e sociale. Le pene devono essere inflitte senza eccezioni, anche verso i minori che, con la scusa di essere impuniti, commettono crimini gravi e gravissimi per puro divertimento e per sfidare lo Stato.

Non è questo il mondo e la società che vogliamo. Non ci sono più scuse; occorre agire con decisione e coerenza per promuovere un cambiamento positivo. La responsabilità di creare una società più giusta e sicura non ricade solo sulle spalle dei governi, ma anche sui media e sulla comunità nel suo insieme. È fondamentale promuovere un dialogo costruttivo e l’educazione al rispetto e alla convivenza pacifica, affrontando le radici dell’emarginazione e dell’esclusione sociale per prevenire l’escalation di violenza e criminalità.

La sfida che ci attende non è solo quella di reprimere i comportamenti nocivi, ma anche di costruire un tessuto sociale più inclusivo e tollerante, dove ogni individuo possa trovare il proprio spazio e contribuire positivamente alla società. Solo così potremo sperare di lasciare alle generazioni future un’eredità di pace, sicurezza e coesione sociale.

Sarebbe quindi prudente e responsabile da parte dei media e dei programmi televisivi evitare di dare spazio pubblicitario a individui che promuovono l’odio e il crimine, sfidando la Stato. Questa pratica non solo potrebbe rafforzare e legittimare tali comportamenti negativi, ma potrebbe anche influenzare negativamente gli spettatori, specialmente i più giovani, inducendoli a emulare questi atteggiamenti dannosi.

Dando visibilità a tali personaggi, i media rischiano di contribuire involontariamente alla diffusione di messaggi di intolleranza e di violenza. Invece, dovrebbero concentrarsi su contenuti che promuovono valori positivi come l’empatia, il rispetto reciproco e la convivenza pacifica. È importante che i media siano consapevoli del loro impatto e del loro ruolo nella formazione dell’opinione pubblica e nella costruzione di una società più equa e pacifica.

NO a palcoscenico a coloro che diffondono odio e incitano al crimine, non è solo una questione di responsabilità sociale, ma anche un passo fondamentale verso la creazione di un ambiente mediatico più sano e costruttivo.

 

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