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Crac Popolare di Vicenza: Intesa SanPaolo condannata a pagare oltre 260 mila euro

Dopo anni di battaglie e tentativi per ottenere un risarcimento, arrivano due sentenze importanti per alcuni cittadini e imprese siciliane incappati nelle azioni della Banca Popolare di Vicenza e vendute da Banca Nuova.

La quinta sezione del Tribunale di Palermo, presieduta da Claudia Turco, e il giudice Filippo Marasà, hanno accolto i ricorsi presentati dagli avvocati Alessandro Palmigiano ed Elisabetta Violante, dello studio legale Palmigiano e Associati, che hanno raggruppato le cause in una sorta di “class action” proprio per scongiurare rinunce e assistere anche chi rischiava di affrontare spese eccessive rispetto all’investimento andato in fumo.

Era il 2013 quando migliaia di risparmiatori siciliani vennero incoraggiati dagli allora funzionari di Banca Nuova ad acquistare azioni della Popolare di Vicenza. Poco dopo, però, la Capofila del Gruppo fu messa in liquidazione, con danni enormi per i clienti che avevano acquistato i prodotti dell’istituto di credito e persero tutti gli investimenti.

Con due sentenze appena pubblicate (la n. 1740/2023 e la n. 1365/2023) la Quinta Sezione del Tribunale di Palermo ha condannato Intesa SanPaolo a risarcire dodici risparmiatori siciliani un importo complessivo di oltre 260 mila euro.

“Queste sentenze – ha dichiarato Alessandro Palmigiano – managing partner dello studio – rendono giustizia ai clienti coinvolti e sanciscono che l’allora Banca Nuova ha venduto le azioni della Capogruppo con una serie di pratiche che il Tribunale ha ritenuto illecite, stabilendo che i risparmiatori hanno diritto al rimborso dell’intero investimento”.

Le cause sono state molto complesse, sia per le difficili questioni giuridiche (Intesa ritiene di non essere tenuta a pagare i debiti della acquisita Banca Nuova), sia perché i giudici hanno dovuto acquisire prove e documenti  per capire cosa fosse accaduto quando i risparmiatori hanno acquistato le azioni e hanno chiesto anche informazioni alla liquidazione della Banca Popolare di Vicenza – che aveva redatto un audit interno – ma anche alla Consob e all’Autorità Garante, che hanno fatto pervenire dei documenti in parte secretati, oltre alla testimonianza di decine di persone.

È emerso inoltre che, o per scarsa conoscenza o intenzionalmente, i funzionari di Banca Nuova proponevano ai risparmiatori (in alcuni casi quasi le imponevano a coloro che volevano ottenere dei mutui) l’acquisto di queste azioni senza chiarire la rischiosità e il possibile fallimento della Capo Gruppo, come poi accaduto. Anzi, come è risultato dalle indagini, talvolta mostravano dei grafici con il valore del titolo, evidenziando l’assoluta solidità della Banca Popolare di Vicenza e le prospettive di crescita.

In un primo tempo numerosi clienti, considerato l’esiguo valore dell’investimento – molti infatti avevano aderito alla quota minima di 100 azioni per una somma di 6.250 euro – avevano pensato di rinunciare, ma si sono impostate le azioni legali come una sorta di class action, raggruppando più risparmiatori in un’unica causa e abbattendo così i costi. Del resto, le questioni giuridiche erano per tutti sostanzialmente simili e il Tribunale ha accettato di unificare le cause, cosa che si è rivelata molto utile per i risparmiatori.

 

Filippo Virzì

Giornalista radio/televisivo freelance, esperto in comunicazione integrata multimediale.

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