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RUBRICA DELL’AVVOCATO DEL MARTEDI’_STRESS LAVORATIVO? COME OTTENERE IL RISARCIMENTO DEL DANNO…

Lo Stress fa parte della nostra quotidianità, è il modo comune di molte persone di affrontare la giornata; difatti, è un malessere comune a molti soggetti, ad oggi, risulta essere una risposta psicofisica a compiti anche molto diversi tra di loro, di natura emotiva, cognitiva e sociale, che la comunità percepisce come eccessivi e spropositato. Lo stress, patologia dell’età moderna, la ritroviamo nei piccoli gesti quotidiani, si pensi ad esempio, al datore di lavoro che non paga i contributi e di essere costretti a pratiche amministrative per regolarizzare la propria posizione previdenziale al fine di non perdere la pensione oppure, una cartella esattoriale illegittima, il traffico cittadino, o semplicemente un vicino di casa abbastanza invadente o ancora, le successioni tra parenti ecc…

Lo stress si può distinguere in due categorie:

  • stress acuto: quando il soggetto cogliere l’affaticamento nell’arco limitato nel tempo;
  • stress cronico: allorquando, la fonte di stress è permanente nel tempo;
  • stress cronico intermittente: è uno stress che si palesa, ad intervalli regolari, con una durata limitata e buon livello di prevedibilità.

Ragion per cui, il turbamento, la pressione psicologica, l’ansia e lo stress rappresentano patologie degenerative che compromettono negativamente la qualità della vita del soggetto che lì subisce, affinché possano essere risarcite devono cagionare un danno alla salute, diritto garantito costituzionalmente e, deve essere dimostrato con documentazione medica. 

Quando è possibile il risarcimento derivante da “danno da stress”?

Lo stress è quella patologia che pregiudica la vita quotidiana del soggetto e, rientra nella categoria del danno non patrimoniale. Queste tipologie di danni sono caratterizzate principalmente dalla circostanza che, a differenza dei danni patrimoniali, non danno automatico diritto al risarcimento, difatti, l’art. 2059 c.c. Afferma “il danno non patrimoniale deve essere risarcito solo nei casi determinati di legge”.  Difatti, secondo la giurisprudenza maggioritaria, in modo particolare la Cassazione ha ricordato che: “il danno non patrimoniale da stress si configura solo quando la condotta illecita abbia violato, in modo grave, i diritti della persona, concretizzandosi in una lesione degli interessi tutelati dalla costituzione. Tali interessi, per essere suscettibili di risarcimento, anche se non contemplati da specifiche norme di legge, vanno individuati caso per caso dal giudice, il quale, senza duplicare il risarcimento, dovrà discriminare i semplici pregiudizi – ossia i disagi o le lesioni di interesse privi di qualsiasi consistenza e gravità, come tali non risarcibili – danni veri e propri che invece vanno risarciti –“.

E’ risarcibile:

  1. Lo stress da Lavoro;
  2. Lo stress da Lavoro Collegato,

Lo stress da Lavoro: Secondo giurisprudenza costante (Cass. n. 1185/2017) afferma che: il danno non patrimoniale dà diritto al risarcimento quando: a) il fatto illecito sia configurabile come reato; b) il risarcimento venga espressamente previsto anche al di fuori dell’ipotesi di reato; c) l’illecito abbia violato gravemente i diritti inviolabili della persona sanciti dalla costituzione.

Il dipendente avrà diritto al risarcimento solamente se i danni sono provati, nello specifico di stress subito all’interno dell’ambiente di lavoro, allorquando vi sia una condotta illecita da parte del datore di lavoro abbia violato i diritti inviolabili del dipendente costituzionalmente garantiti. Difatti, il D.lgs. n. 81/2008 impone al datore di lavoro l’obbligo della valutazione dei rischi riguardanti la salute e sicurezza dei lavoratori, ivi compreso quelli collegati allo stress da lavoro collegato.

Lo stress da lavoro collegato: è una situazione di prolungata tensione che può determinare un peggioramento dello stato di salute, anche con ricadute patologiche gravi. Tale diritto al risarcimento si manifesta quando: a) la condotta censurabile del datore di lavoro; b) un danno medicalmente accertabile; c) il nesso di causalità tra la condotta censurabile ed il danno.

Facciamo qualche esempio: condotte di molestia sessuali e stalking, ipotesi di licenziamento legittimo e giusta causa, il mobbing ecc…

Al fine di ottenere il risarcimento del danno da stress è necessario provarne il nesso di causalità?

Assolutamente Si. Il risarcimento del danno da stress si verifica tutte le volte in cui, il soggetto è sottoposto ad un eccessiva usura lavorativa di tipo psico-fisico accompagnato dal comportamento doloso o colposo del datore di lavoro.  A tal proposito la Cassazione (Sent. 3989/2015) ha affermato che: “che le alterazioni del battito cardiaco, l’insorgenza di una cardiopatia, si manifesta tutte le volte in cui il lavoratore possa astenersi da carichi eccessivi da lavoro e non lo faccia di propria volontà. In tali casi, dovrà essere il lavoratore a provare l’esistenza di ritmi di lavoro di particolare intensità, l’aver effettuato lavoro straordinario continuativo o l’essere stato costretto a procrastinare la giornata lavorativa oltre il normale orario contrattuale”.

Difatti, non è previsto alcun risarcimento del danno senza prova, l’indirizzo giurisprudenziale ormai consolidato e ha trovato, nel tempo maggiore applicazione in tema di cause tra dipendenti e aziende. L’ambiente lavorativo è infatti, tra tutti quello che maggiormente crea stress e disturbi di usura psicofisica. Bisogna ricordare che, in tutti questi casi, al fine di ottenere il risarcimento del danno non possono limitarsi alla prospettazione della condotta colpevole della controparte, produttiva di danni nella sfera giuridica di chi agisce, ma devo dimostrare concretamente, con documentazione probatoria includendo la descrizione delle lesioni patrimoniali e/o non patrimoniali, prodotte da tale condotta avversa.

La cassazione n. 5590/2016 stabilito che: “il danno da stress, o da usura psicofisica, si inscrive nella categoria unitaria del danno non patrimoniale causato da inadempimento contrattuale e la sua risarcibilità presuppone la sussistenza di un pregiudizio concreto sofferto dal titolare dell’interesse leso, sul quale grava l’onere della relativa allegazione e prova, anche attraverso presunzioni semplici. Ne consegue che il lavoratore è tenuto ad allegare e provare il tipo di danno specificamente sofferto ed il nesso eziologico con l’inadempimento del datore di lavoro.”

Dunque, evidenziate le cause, al lavoratore spetterà definire che il danno fisico e/o mentale conseguenza diretta del lavoro svolto, provando il nesso di causalità tra il danno e l’evento lavoro; per cui dovrà dimostrare che la causa del pregiudizio alla salute subito deriva dall’attività lavorativa.

In ultimo si riporta la sentenza recente del giugno 2022 della Corte di Appello di Roma ove si afferma che: “il mero fatto di lesioni riportare dal dipendente in occasione dello svolgimento dell’attività lavorativa non determina di per sé l’addebito delle conseguenze dannose al datore di lavoro”. Per cui sta al lavoratore dimostrare le proprie ragioni avvalendosi di prove dimostrative il suo stato psicologico/fisico derivate da stress lavorativo.

 

La materia in oggetto necessita di ulteriori approfondimenti per la quale bisogna esaminarli in relazione al singolo caso concreto. Per maggiori informazioni e/o pareri in merito alla questione consultate il sito www.avvocatoquartararo.eu

Francesca Paola Quartararo

Avvocato Francesca Paola Quartararo

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