Sulmona, bimba di 12 anni violentata per anni: due giovani indagati
Gli abusi sarebbero iniziati quando aveva 10 anni; uno degli indagati oggi è maggiorenne. Diffusi video in chat
Sulmona 16 settembre 2025 – Un caso che scuote la coscienza collettiva. Una bambina di 12 anni ha denunciato di essere stata vittima di violenze sessuali ripetute da parte di due ragazzi, con i primi episodi che risalirebbero a quando aveva appena 10 anni. Oggi uno degli indagati ha 18 anni, l’altro è minorenne. Le indagini confermano che i due avrebbero minacciato la piccola di diffondere i filmati degli abusi, alcuni dei quali sarebbero già circolati in chat di gruppo.
Minacce e violenza digitale
Il ricatto non si è fermato all’aggressione fisica: la minaccia di rendere pubblici i video ha moltiplicato il trauma. La condivisione in rete di quelle immagini rappresenta un ulteriore atto di violenza, che apre la strada a nuove accuse e chiama in causa la responsabilità delle piattaforme digitali.
Il collasso educativo
Questa vicenda non è soltanto cronaca giudiziaria. È il segno di un sistema sociale ed educativo in frantumi, dove i giovanissimi crescono spesso senza regole, senza responsabilità e con l’illusione dell’impunità. Una fragilità che mette a rischio le vittime e lascia i minori senza strumenti di difesa reale.
Il silenzio che divide
Colpisce l’assenza di una reazione forte e unitaria. Nessuna mobilitazione, nessuna manifestazione a difesa della bambina. La politica si divide, l’opinione pubblica resta disorientata e il vuoto civile appare in tutta la sua gravità. Difendere una minore da un abuso non dovrebbe mai essere questione di schieramenti.
L’editoriale del Direttore
di Francesco Panasci
Questo fatto non è un episodio isolato, ma il sintomo di un collasso sociale che non possiamo più ignorare. Una bambina è stata violentata per anni, ricattata e tradita. E la comunità adulta, fatta di istituzioni e politica, non ha saputo proteggerla.
Non è una questione di destra o sinistra, ma di giustizia. Se la società resta indifferente, se le istituzioni tacciono quando non conviene, a vincere è soltanto l’impunità. Servono leggi applicate con rigore, prevenzione nelle scuole, strumenti per rimuovere subito contenuti violenti in rete e sostegno concreto alle vittime. Non reagire adesso significa accettare che la violenza diventi linguaggio quotidiano. Un Paese civile non può permetterselo.
Disagio giovanile e aggressività crescente
Il caso di Sulmona non è un episodio isolato, ma il riflesso di un disagio giovanile che in Italia assume contorni sempre più violenti. Dalla violenza sessuale ai fenomeni di bullismo, dalle baby gang agli episodi di vandalismo, il filo conduttore è l’assenza di regole interiorizzate, la mancanza di figure educative di riferimento e la percezione che non esistano conseguenze reali per i comportamenti aggressivi.
Oltre le pene, servono percorsi di prevenzione
Le pene certe sono indispensabili per ristabilire il principio di legalità, ma da sole non bastano. Serve un sistema integrato che affronti le cause: scuole che investano in educazione civica e affettiva, famiglie sostenute nel compito educativo, servizi sociali capaci di intercettare i segnali di disagio prima che esplodano in violenza. I minori coinvolti in reati devono affrontare percorsi di recupero reale, non scorciatoie burocratiche.
Il dovere della comunità
Ogni episodio come quello di Sulmona ricorda che non si tratta solo di responsabilità individuale, ma di un vuoto comunitario. La società deve reagire non soltanto con la condanna, ma con la costruzione di un ambiente dove violenza e sopraffazione non siano percepite come un linguaggio normale. Educazione, giustizia e sostegno devono muoversi insieme, altrimenti continueremo a registrare casi che segnano ferite profonde e irreparabili.

