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Sicilia, formazione: U cani muzzica sempri u chiù sfardatu

Ing. antonino Vizzini
direttore ricerca e sviluppo di Ente di Formazione in pensione

Creatività formativa

U cani muzzica sempri u chiù sfardatu

La storia del TFR dei lavoratori dello IAL

 

Nella formazione professionale i vecchi enti storici, anche se falliti, riescono ancora a tenere banco con operazioni altamente creative che riescono a trarre utili da attività che non ne prevedevano, a discapito dei  lavoratori, che non solo sono stati licenziati, ma vengono anche privati di parte dello spettante TFR.

Cerchiamo di spiegare la vicenda: un tempo esisteva un grosso ente di formazione, lo IAL-CISL, allora gestito, come dice lo stesso nome, dall’omonimo sindacato. Questo Ente, dalla prima applicazione della  Legge n. 24 del 1976 e fino al 2011, ha operato nella formazione convenzionata con la Regione Siciliana, il  cosiddetto PROF (Piano Regionale dell’Offerta Formativa), mettendo in atto azioni di formazione e  orientamento finanziate dalla Regione, che disponeva, fra l’altro, tutte le regole a cui gli Enti dovevano  uniformarsi.

Quali erano queste regole? La principale era che gli Enti non potevano ricavare utili dallo svolgimento delle attività. Il finanziamento era suddiviso in due voci, gestione e personale, mentre la voce gestione copriva  tutte le spese necessarie all’organizzazione dei corsi (locali, utenze, attrezzature, materiali di consumo etc.),  la voce personale era vincolata al pagamento di tutte le spettanze del personale dipendente e non era  stornabile: cioè, il finanziamento per il personale non poteva essere dirottato verso spese di gestione o  altro, né parzialmente né totalmente. Alla fine, tutte le spese dovevano essere rendicontate e gli eventuali  avanzi o utili dovevano essere restituiti alla Regione.

Ogni anno, per iniziare le attività relative al PROF, i rappresentanti legali degli Enti Gestori erano tenuti a firmare un atto di adesione che, fra mille altre cose, li impegnava a:

 osservare le disposizioni normative, i provvedimenti comunitari, nazionali e regionali, ad adeguarsi agli stessi ed a quelli che dovessero essere eventualmente emanati successivamente alla  presentazione del Progetto per la realizzazione delle corrispondenti attività;

 provvedere alla rendicontazione delle spese sostenute a carico del finanziamento assegnato al Progetto approvato;

 contabilizzare a norma di legge tutte le entrate eventualmente generate dall’intervento finanziato, ove ciò sia previsto, che vanno detratte, proporzionalmente o integralmente, dalla spesa  ammissibile.

Per focalizzare meglio, gli Enti erano obbligati a rispettare tutte le norme regionali e nazionali, a rendicontare alla lira le spese sostenute e a restituire tutte le entrate (utili) che il progetto avesse  generato.

Focalizziamo ancora che l’intervento era finanziato e non acquistato dalla Regione e quindi l’Ente non eseguiva la vendita di un servizio, ma accedeva ad un finanziamento che copriva le relative spese e che  tutto ciò che non veniva speso, più gli eventuali utili generati, doveva essere escluso dalla spesa  ammissibile (cioè, restituiro alla Regione).

Fatta questa doverosa premessa, vediamo in cosa consisteva questa normativa Regionale che l’Ente si impegnava a rispettare.
Quello che più ci interessa è la Circolare GRUPPO II/FP PROT. N. 5223, determinazioni della Commissione Regionale per la formazione professionale che recita: “In ossequio a quanto determinato dalla Commissione Regionale per la Formazione Professionale nella seduta del 5/7/2000 si dispone… B) Benefici di Polizza (circolare n.126/9O). I benefici di polizza prodotti per effetto dell’accantonamento del TFR, con le modalità previste dalla circolare assessoriale 126/90, sono attribuiti agli operatori della formazione professionale indipendentemente dalla data di assunzione; gli Enti sono pertanto tenuti ad uniformarsi alla presente
disposizione individuando unici beneficiari delle polizze gli operatori.”

Ricapitoliamo: la 5223, che rientra fra tutte le disposizioni che il rappresentante legale dell’Ente dichiara di accettare e applicare firmando l’atto di adesione, prescrive che gli interessi maturati dalle polizze nelle
quali viene accantonato il TFR dei lavoratori vengano riconosciuti ai lavoratori stessi. Peraltro, lo stesso atto di adesione esclude che qualunque utile derivante dal finanziamento possa essere incamerato
dall’Ente perché, se esiste, deve essere rendicontato e restituito.

E cosa fa lo IAL?
Non è facile accedere alle copie delle polizze stipulate dallo IAL, ma vi sono voci che l’Ente abbia stipulato le polizze indicando come beneficiario, invece che ciascun lavoratore, l’Ente medesimo. Ma questo, alla fine, è
ininfluente, se pure l’Ente lo avesse fatto l’importante è che, al momento della risoluzione del rapporto di lavoro, a ciascun lavoratore venga erogato l’importo accantonato maggiorato degli interessi prodotti dalla polizza, come prescritto dalla normativa sopra esposta.

E infatti, fino a quando l’Ente appartiene alla CISL avviene proprio questo, i benefici vengono riconosciuti ai lavoratori che cessano il rapporto di lavoro. Poi, la CISL esce dalla gestione dell’Ente e, dopo alterne vicende, l’Ente fallisce e licenzia tutti i lavoratori.

Il curatore fallimentare, quindi, liquida i TFR (alcuni, di altri si sono perse le tracce), ma sottrae da essi i benefici di polizza, che entrano nel cumulo della gestione fallimentare. Sarebbe interessante sapere se ha rendicontato e restituito alla Regione tali somme, visto che l’Ente aveva sottoscritto ogni anno un atto di adesione che lo obbligava a procedere in tal senso.

E sarebbe anche interessante sapere come abbia dichiarato tali somme al Fisco, dal momento che un finanziamento Regionale esentasse era miracolosamente diventato, in questa circostanza, un vero e proprio utile di impresa.
Non contento di ciò, ha anche inviato raccomandate a tutti coloro che hanno riscosso il TFR nei dieci anni precedenti per chiedere la restituzione dei benefici di polizza, minacciando azioni legali e decreti ingiuntivi.

In data 17/7/2020 è stata pubblicata la sentenza numero 2252/2020 del Tribunale di Palermo, che affrontava un saso analogo relativo a un lavoratore di altro Ente. Il Tribunale ha dato ragione al lavoratore,
sostenendo che il contratto collettivo della formazione professionale 2011-2013, in relazione al t.f.r. prevede che “ la quota di t.f.r. viene accantonata secondo le leggi vigenti. Sono fatti salvi i trattamenti di miglior favore già definiti a livello di accordi regionali o per normativa regionale. Nell’ambito della Regione Siciliana, la Commissione Regionale per la formazione professionale, cui spettano funzioni di interpretazione autentica della disciplina contrattuale, con efficacia vincolante fra le parti, in data 5/07/2000 ( v. la
circolare n° 5223/2000 che ne ha recepito le determinazioni) così si esprimeva : i benefici di polizza previstip per effetto dell’accantonamento del t.f.r. con le modalità previste dalla circolare assessoriale n° 126/90 sono attribuiti agli operatori della formazione indipendentemente dalla data di assunzione.

Gli enti sono pertanto tenuti ad uniformarsi a tale disposizione, individuando unici beneficiari delle polizze gli operatori.

Orbene, il 27 Luglio 2020, cioè dopo soli dieci giorni dalla pubblicazione della sentenza, la curatela Fallimentare dello IAL ha lanciato una campagna promozionale nei confronti di quegli operatori che, a suo tempo, avevano percepito per intero il trattamento di fine rapporto, proponendo un forte sconto (pari al
60% dei benefici percepiti) pur di recuperare qualcosa.

E, malignamente, pensiamo che è davvero un caso singolare che sia stata lanciata proprio nel momento in cui ancora la notizia della sentenza non si era diffusa appieno sui social media, con la possibilità che qualcuno, ancora non informato, accettasse la proposta pur di non avere più a che fare con questa faccenda.

E’ ovvio che si resta senza parole: intanto i benefici di polizza sono stati assegnati ai lavoratori dall’Amministrazione Regionale, come abbiamo spiegato; poi, l’ente non può trarre utili dai finanziamenti ricevuti perché, come da atto di adesione, se questi esistessero, dovrebbe rendicontarli e restituirli alla Regione e, infine, tutto ciò che riguarda la voce personale non può essere stornato e incorporato nel cumulo della gestione fallimentare.

Ma il dramma è che gran parte di queste trattenute è effettuata nei confronti di persone che hanno perso il lavoro e quindi sono in condizioni di fragilità psicologica e finanziaria e non hanno risorse sufficienti per assicurarsi un’assistenza legale che possa aiutarle a recuperare quanto di propria spettanza, mentre chi era uscito dal sistema qualche anno prima, avendo utilizzato queste cifre per sopperire alle necessità quotidiane, spesso neanche lui si trova in condizione di assicurarsi un’assistenza adeguata a respingere le richieste e rischia, al limite, di vedersi pignorare quel poco che possiede se non addirittura la casa.

Cosa dire? Enti storici cha hanno effettuato assunzioni fuori controllo, facendo implodere il sistema formativo, che sono falliti lasciando importantissimi insoluti, continuano ancora, dopo che sono stati dichiarati formalmente non più in vita, a condizionare negativamente le vite dei loro ex dipendenti, che sono poi le uniche vittime della enorme macelleria sociale verificatasi nella formazione professionale.

Ci auguriamo che al più presto si metta fine a queste brutte e incredibili storie e si permetta, senza altri indugi, a tutti i lavoratori di ricevere quanto, per tutto ciò che abbiamo esposto, è di loro limpido diritto.

 

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