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Sfide e contro sfide per un progetto che va oltre l’infrastruttura: è l’inizio di un inizio

Sfide e contro sfide per un progetto che va oltre l’infrastruttura: è l’inizio di un vero inizio

(di Giulio Verro)

Sfide e contro sfide per un progetto che va oltre l’infrastruttura: è l’inizio di un vero inizio 

È il ponte del Mediterraneo, il ponte della discordia e del fantasy. Certamente  come in  tutte le “grandi cose” ci sono, ahinoi,  anche gli  impavidi nemici della “cuntintizza”.

Lo sviluppo del sistema infrastrutturale siciliano. La sfida in Europa parte dal ponte dello stretto.

Il 23 sera ultimo scorso, nella sede dello I.E.ME.S.T. diretta brillantemente dal Dott. Bartolo Sammartino, ha avuto luogo l’evento organizzato dall’On. Annalisa Tardino, Europarlamentare del Gruppo Identità e Democrazia, dedicato a “Lo sviluppo del sistema infrastrutturale siciliano. La sfida in Europa parte dal ponte dello stretto”. All’evento ha preso parte il Vicepresidente del Consiglio dei Ministri nonché Ministro delle Infrastrutture e dei Trasporti Sen. Matteo Salvini, il Presidente della Regione Siciliana On. Renato Schifani, unitamente con il Prof. Enzo Siviero, Rettore di Università degli Studi eCampus, la Prof.ssa Marinnela Fossetti, docente dell’università degli studi di Enna Kore, l’ing. Francesco Sorrentino, Ministero delle Infrastrutture e dei Trasporti – Provveditore Interregionale alle Opere Publiche per la Sicilia e Calabria, l’Ing. Raffaele Celia, Responsabile Struttura Territoriale della Sicilia – Anas S.p.A., il Dott. Vincenzo Macello, Vicedirettore Generale Network Managemet Infrastrutture – RFI.

In detta occasione si è discusso di uno dei progetti infrastrutturali più ambiziosi e controversi degli ultimi decenni: la costruzione di un ponte sospeso che colleghi la Sicilia alla Calabria, attraversando il mare dello Stretto di Messina, tra Scilla e Cariddi.

Il ponte di Messina rappresenta un’opera mastodontica, capace di ridisegnare l’intero paesaggio della zona e di avere un impatto significativo sull’economia, i trasporti e l’ambiente. Tuttavia, come spesso accade con i grandi progetti, anche questo ha suscitato molte polemiche e dibattiti, con posizioni contrastanti che si sono scontrate nei campi politico, tecnico e ambientale, facendone, come spesso accade in Italia, un problema più ideologico che tecnico funzionale, nel quale tutti gli attori, sia quelli del si che quelli del no, cercano un loro spazio, una loro visibilità e, forse, un loro posizionamento.

In questa occasione si è cercato di fare il punto della situazione sullo stato dell’arte del progetto, sulle implicazioni che esso avrebbe sul territorio e sulla società, sulle sfide tecniche e ambientali che comporta e sui possibili benefici che potrebbe portare.

Infatti, i Professori Siviero e Busetta, ognuno per quanto di competenza, hanno parlato delle ricadute tecniche sullo sviluppo infrastrutturale viario, portuale, ferroviario ed aeroportuale il primo, degli effetti economici e quindi, dello sviluppo, dell’occupazione, dell’economia e della cultura il secondo. I rappresentanti di Anas e di RFI, hanno rendicontato tutti gli investimenti e i cantieri aperti e quelli di prossima apertura, connessi ai collegamenti dell’isola e quindi, con il Ponte e con la viabilità successiva del resto del paese.

Tutti sono stati concordi nel rappresentare la Sicilia, per la particolare posizione geografica che la pone al centro del Mediterraneo, l’unica deputata ad intercettare i traffici commerciali marittimi provenienti dalla Cina, dal Giappone, dall’India e in genere dai paesi orientali e dall’Africa. Per fare ciò, è necessario che la Sicilia diventi un hub portuale, e quindi dotata di strutture portuali capaci di far attraccare le grandi navi porta container, tipo le navi Malaccamax o Suezmax ( navi le cui dimensioni permettono loro il passaggio attraverso lo Stretto di Malacca o di Suez, la cui profondità minima è, in alcune zone, di circa 25 metri. Una Malaccamax ha come dimensioni massime una lunghezza di 470 metri, una larghezza di 60 m ed un pescaggio di 20 metri. La portata lorda è di circa 300.000 tonnellate o di oltre 18.000 Tue). Infatti, solo pochissimi porti privilegiati hanno la capacità e le dimensioni atte a poter ospitare questo tipo di navi (attualmente, solo Singapore e Rotterdam hanno porti abbastanza grandi ed attrezzati) per l’attuazione della logica di inseguimento del concetto di economia di scala, ovvero la legge economica secondo cui a un aumento della capacità corrisponde un decremento dei costi medi unitari. La Sicilia, in tutto ciò ha la fortuna di avere il porto di Augusta, con dei fondali già di suo di tutto rispetto e, quindi, certamente deputato naturalmente a divenire un hub portuale, che unitamente ai collegamenti con le tratte ferroviarie Palermo – Catania, Catania-Messina e al Ponte sullo Stretto, potranno essere un segmento imprescindibile, un cambio di paradigma, per il progetto europeo di più ampio respiro del Corridoio di trasporto che unisce il nord con il sud Europa, il cosiddetto Corridoio Scandinavia-Mediterraneo, parte integrante della Rete europea Ten-T (Trans European Network Transport).

Perciò, dovremmo uscire dal provincialismo del “Ponte dello Stretto” ed assegnare la visione più ampia che rappresenta la denominazione “Ponte del Mediterraneo”. Il Ponte servirà anche ad unire Scilla e Cariddi, ma soprattutto a collegare il Mediterraneo, i paesi orientali, la Cina, il Giappone, l’Africa alla Sicilia, all’Italia e al resto dell’Europa. Perciò, il ponte non può che denominarsi “Ponte del Mediterraneo”.

Certamente, da solo non può bastare a creare quei tre milioni di posti di lavoro di cui necessita il sud Italia per esautorare il continuo esodo dei nostri giovani; servirà guardare con maggiore slancio alle zone ZES (Zone economiche speciali), all’industria del turismo che certamente trarrà grande beneficio dalla realizzazione del Ponte, all’agricoltura e perché no, anche alle nostre marinerie legate al mercato ittico, che avrebbero maggiore facilità nel trasportare ai grandi mercati del nord Italia ed Europei il loro pescato nonché, al polo culturale che potrebbe realizzarsi attraverso le eccellenze della nostra élite culturale rappresentata dalle Università dell’Isola. Insomma, ciò che serve, come scrissi in un altro articolo di qualche tempo fa, è ora che “impariamo a raccontarci” … si perché, forse, abbiamo in questa meravigliosa isola più di quanto non immaginiamo, dovremmo credere di più nelle nostre potenzialità e convincere di ciò il resto del paese e quanti continuano a pensare che vogliamo vivere solo di sussistenza. Oggi, finalmente, in controtendenza con la politica alla quale siamo stati abituati sinora, il Governo ha una visione, una progettualità, un’idea di sviluppo infrastrutturale ed economico per la Sicilia e per il meridione in genere.

Il «Ponte» finalmente, per il fortissimo valore simbolico, potrà rappresentare realizzata quell’unificazione fisica tra la Sicilia e la penisola, che abbiamo sempre auspicato e mai veramente raggiunta almeno, in termini economici, sociali e culturali. É, quindi, un importante messaggio per la Sicilia, l’Italia e l’Europa di una partecipazione attiva dell’intera nazione (e paese, luogo dell’anima) alle esigenze delle sue zone più periferiche nonché la realizzazione di quella tanto agognata unità d’Italia che certamente potrà contribuire ad attenuare il senso di distacco e, appunto, di insularità che ancora alberga nella popolazione siciliana.

In ultimo, ritengo auspicabile, inserire del D.L., in fase di conversione, una rappresentanza di figure professionali del Provveditorato OO.PP. per la Sicilia e Calabria MIT all’interno della Società Ponte dello Stretto, che rappresenti le istanze professionali e territoriali delle due Regioni e garantisca il rapporto tra Pubblica Amministrazione, territorio e opera infrastrutturale che, oltremodo, consenta di favorire la condivisione dell’opera nel territorio.

 

Dott. Giulio Verro

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