Sciopero per la Flottilla: piazze piene, Paese in ostaggio
Landini fa politica, non sindacato: disagi su treni e porti, zero benefici per Gaza. Il Governo attacca, il Garante richiama la 146/1990.
03 ottobre 2025 — Nuova giornata di tensioni in tutta Italia. Lo sciopero generale proclamato in solidarietà alla Global Sumud Flotilla ha paralizzato nodi ferroviari e porti, acceso lo scontro politico e spostato il baricentro del dibattito ben oltre il lavoro. Una mobilitazione che non produce alcun risultato concreto per Gaza, ma scarica su famiglie, imprese e pendolari il conto di una linea sempre più politica del segretario Maurizio Landini.
Perché la protesta (e perché non serve)
La protesta nasce dopo l’intercettazione della flottiglia diretta a Gaza. I promotori parlano di solidarietà internazionale e di difesa del diritto umanitario. Ma un sindacato non fa diplomazia: la politica estera è competenza di un governo. Usare lo sciopero come megafono geopolitico sposta l’attenzione dai contratti, dai salari e dalla sicurezza del lavoro — gli unici terreni su cui un sindacato dovrebbe misurarsi. Nel frattempo, nessun corridoio umanitario si apre grazie a un treno soppresso in Italia.
Il punto: sindacato o piattaforma politica?
La linea è ormai chiara: Landini agisce da leader della sinistra più che da segretario confederale. Ogni occasione diventa una crociata contro il Governo Meloni, con parole d’ordine che esulano dal perimetro sindacale. Secondo numerosi osservatori, l’obiettivo è costruire un profilo da capo del PD, usando la CGIL come cassa di risonanza. Il risultato? Lavoratori trasformati in claque politica, e il Paese ostaggio di mobilitazioni che non toccano i problemi reali dei cantieri, delle fabbriche, degli uffici.
Scontro istituzionale e quadro normativo
La premier definisce la protesta «un pretesto che non aiuta i palestinesi e danneggia gli italiani». La Commissione di garanzia sugli scioperi richiama la Legge 146/1990: preavviso insufficiente, regole eluse. I promotori annunciano ricorso, ma il dato resta: i diritti dei cittadini vengono compressi per un atto a rendimento internazionale nullo e ad altissimo impatto interno.
Effetti nelle città: trasporti, porti, piazze
Nei principali snodi — da Roma Termini a Milano Centrale, fino a Napoli — si sono registrati ritardi e cancellazioni. Nei porti, presidi e blocchi hanno rallentato la logistica e la catena di fornitura. Le prefetture hanno attivato tavoli di monitoraggio, questure e polizie locali hanno presidiato aree sensibili. In alcune città sono esplosi scontri e danneggiamenti: a pagare sono cittadini, commercianti e operatori.
Scelta tattica ormai “di prassi”: proclamare lo sciopero di venerdì, così da colpire anche il weekend — turismo, industria culturale, servizi. Strategia utile al clamore, devastante per l’economia.
Che cosa resta
L’Italia non si ferma grazie al lavoro silenzioso di chi garantisce i servizi essenziali. Ma resta l’immagine di un sindacato piegato alla battaglia politica, lontano da tavoli su contrattazione, produttività e sicurezza. Se l’obiettivo era aiutare la Palestina, lo sciopero generale non sposta nulla. Se l’obiettivo era colpire il governo, il prezzo lo pagano gli italiani.

