Palamara spiega il caso Meloni: noi vi decifriamo il suo messaggio
In un’intervista ad Affari Italiani, l’ex magistrato chiarisce il tema delle iscrizioni nel registro degli indagati. Noi vi spieghiamo tutto con esempi chiari e link alle leggi di riferimento.

L’iscrizione nel registro degli indagati della Presidente del Consiglio Giorgia Meloni, del sottosegretario Alfredo Mantovano e dei ministri Carlo Nordio e Matteo Piantedosi nel caso Almasri ha scatenato un acceso dibattito politico e giuridico.
In un’intervista ad Affari Italiani, l’ex magistrato Luca Palamara chiarisce il tema delle iscrizioni nel registro degli indagati.
Noi de ilmoderatore abbiamo fatto una ulteriore disamina e utilizzando la modalità “zia Pina” vi spieghiamo tutto con esempi chiari e link alle leggi di riferimento.
30 gennaio 2025 – L’ANM (Associazione Nazionale Magistrati) ha dichiarato che si tratta di un atto dovuto, mentre l’ex magistrato Luca Palamara, in un’intervista ad Affari Italiani, ha offerto una chiave di lettura più complessa.
Cosa dice la legge?
Secondo l’ANM, la Procura di Roma non aveva scelta: la legge del 1989 impone che, se arriva una segnalazione su un possibile reato ministeriale, i nomi debbano essere iscritti nel registro degli indagati e il caso debba essere trasmesso al Tribunale dei Ministri, senza possibilità di svolgere altre indagini. (Legge n. 8/1989)
Ma Palamara ha voluto evidenziare un altro aspetto: davvero era necessario iscrivere Meloni, Piantedosi e Mantovano o la loro iscrizione è stata una scelta discrezionale della Procura?
Il punto di Palamara: le iscrizioni non sono automatiche
L’ex magistrato richiama una circolare del 2017 dell’allora procuratore di Roma, Giuseppe Pignatone, che ha fissato un principio fondamentale: le iscrizioni nel registro degli indagati non devono essere automatiche, ma basate su specifici elementi indiziari. Questo concetto è stato poi incluso nella Riforma Cartabia, attualmente in vigore.
Tradotto in parole semplici: non basta una denuncia o una segnalazione per indagare qualcuno, servono indizi concreti che facciano pensare che quella persona abbia commesso davvero un reato. La decisione, dunque, spetta al pubblico ministero, che deve valutare caso per caso.
E per la “Zia Pina”? Facciamo un esempio pratico
Per chi non mastica il linguaggio giuridico, proviamo a spiegarlo con un esempio quotidiano.
Immaginiamo che in un condominio qualcuno dica che la vicina di casa ha rubato una bicicletta dal garage. Secondo l’interpretazione più rigida della legge, la polizia dovrebbe automaticamente scrivere il suo nome nel registro degli indagati, anche senza prove. Ma, secondo la circolare del 2017 e la riforma Cartabia, la polizia prima deve verificare se ci sono telecamere di sorveglianza, testimoni o qualche altro indizio che confermi il sospetto. Solo in presenza di queste prove può procedere all’iscrizione.
Allo stesso modo, Palamara si chiede: c’erano indizi concreti per iscrivere Meloni e gli altri ministri nel registro degli indagati o si è trattato di una scelta dettata da un’interpretazione rigida della legge?
Dove sta la verità?
Palamara non risponde in modo esplicito alla domanda, ma lascia intendere che l’iscrizione non fosse così automatica come sostiene l’ANM. Questo solleva un punto delicato: la magistratura ha margini di discrezionalità in questi casi, e una scelta del genere può avere ripercussioni politiche e istituzionali importanti.
Lo Voi cercava lo scontro?
C’è un piano politico dietro questa vicenda? I dubbi purtroppo emergono. Gli scontri tra magistratura e politica sono evidenti, anche alla luce della nuova riforma sulla giustizia e degli ultimi eventi che vedono la diatriba con il sottosegretario Mantovano sulla vicenda Lo Voi e l’aereo di Stato, bocciato dalla Sottosegretario alla Presidenza.
C’è qualcosa che non torna
Il dibattito resta aperto. Da un lato, l’ANM difende l’operato della Procura, dall’altro Palamara sottolinea che la decisione di iscrivere qualcuno nel registro degli indagati dovrebbe basarsi su prove concrete, non su un automatismo burocratico. Una riflessione che fa emergere un interrogativo più ampio: quando la legge è così rigida da diventare un rischio per chi governa?
Di certo, questa vicenda non finirà qui. Noi, umili servitori dell’informazione, cerchiamo di raccontarla nel modo più chiaro possibile, anche per chi, come la “Zia Pina”, vuole capire senza perdersi nei tecnicismi. Perché la giustizia riguarda tutti, e tutti hanno il diritto di comprenderla.
- Nota: Questo articolo si basa su dichiarazioni pubbliche e riferimenti normativi ufficiali. L’obiettivo è fornire un’analisi imparziale e chiara dei fatti, nel rispetto del diritto di cronaca e informazione.
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