Omofobia. Essere Uomo senza discriminazioni

di Davide Lo Buono 

Uomo, nella sua accezione semantica di ἄνϑρωπος (anthropos) diverso da ‘ἀνήρ (aner) che corrisponde al latino vir a sua volta semanticamente diverso da homo, hominis, è l’essere umano in quanto tale, essere umano biologicamente inteso, essere umano in quanto Ζῷον λογιστικόν (zoon logistikon) come dotato di linguaggio e razionalità, accezione dell’uomo per cui mi sento di ringraziare il mio caro Aristotele.

La diffusa tendenza a credere che un comportamento umano, naturale, al quale non si dà, né si può dare assenso, e strettamente dipendente dal suo essere natura nell’accezione di fysis, colei che si genera autonomamente, debba essere legittimato da qualcuno o qualcosa, anche solo in termini teoretici, è la fallacia su cui vi chiedo di riflettere per un’umanità migliore.
Consideriamo il fatto che a SEMPRONIO*non piace il formaggio, e preferisce invece la carne suina! E con questo!? MI DIRESTE. Dove sta allora il nesso!?
Nessuno fino ad oggi ha deriso Sempronio perché non contribuisce all’economia legata ai caseifici, né tantomeno è stato elogiato perché contribuisce al business dei supermercati e dei loro reparti carnezzeria. Nessuno si è proposto di rendere legittimo il suo disgusto e portare in parlamento la questione: SEMPRONIO TAL DEI TALI, CITTADINO ITALIANO, NON MANGIA FORMAGGIO.
NO! Non lo hanno fatto perché sarebbe altresì ritenuto stupido, un fatto clamoroso; farebbe così scalpore da portarvi possibilmente ad associare al Suo anagrafico la parola formaggio.
A quel punto diventerebbe Sempronio Formaggio, Sempronio Parmigiano, Sempronio Emmental o il che dir si voglia; e possibilmente da qualcosa che in realtà all’inizio appariva come normale si finirebbe per stereotipare il suo comportamento, il suo gusto, cristallizzandolo in un pregiudizio che nei secoli a venire potrebbe anche tramandarsi e portare tutti coloro che non mangiano il formaggio, incluso me, figli, nipoti, genitori a nascondere questo disgusto nei confronti del formaggio per evitare di essere discriminati.

Immaginate poi che questa discriminazione nei confronti di chi non mangia il formaggio diventi così socialmente insita da essere accolta da qualsiasi persona, da essere argomento pubblico nelle assemblee, da raccogliere pro e contro. Immaginiamo ancora che comincino episodi di violenza nei confronti di chi non mangia il formaggio, e che qualcuno in Parlamento, posto che un Parlamento ancora ci sia nei secoli a venire, si accorga, da dati statistici, di quante persone in realtà non mangino questo cibo, finendo per costruire mense e obbligando qualsiasi persona a mangiare il formaggio.

A questo punto si creerebbero delle associazioni a favore di chi non mangia il formaggio, con lo scopo forse di difendere i diritti di questi, difendere il diritto a comportarsi nel modo più naturale possibile come decidere, ad esempio, di non tenere nel frigorifero una caciotta di pecorino, di non mettere il parmigiano sulla pasta al pranzo di natale, senza rischiare di essere ridicolizzato o considerato inferiore rispetto a chi riempie le melenzane alla parmigiana con ulteriore parmigiano.

Pensate dunque a un ragazzo di 17 anni, possibilmente vostro figlio, possibilmente voi, che ha paura di confessare di disgustare il formaggio, oppure di non apprezzarlo in egual misura degli altri. Sempronio preferirebbe dunque che non lo si aggiungesse nelle lasagne o che si preparasse una teglia a parte, perché, almeno su questo ci siamo, è giusto che tutti a tavola abbiano il diritto di mangiare ciò che preferiscono, sedere e condividere bevande convivialmente alla Trimalcione di Petronio.

Però per far questo è socialmente, non naturalmente, richiesta legittimazione. Considerando che Sempronio, non mangiando formaggio, non nega la possibilità agli altri di mangiarlo, non esclude che al mondo ci possano essere più persone che invece mangiano formaggio; non lo esclude perché non lo ha scelto lui, come chi lo mangia non ha scelto di farselo piacere, lo mangia e basta.

Considerate dunque che Sempronio e tutti quelli che non mangiano il formaggio rispettino il formaggio, mai e poi mai andrebbero nei caseifici a distruggere la ricotta, né tantomeno nei prati per uccidere le mucche dal cui latte il formaggio nasce, perché SEMPRONIO SA che disgustare il formaggio, in quanto non è stata imposizione per se stesso, non deve esserlo nemmeno per gli altri. Considerate che SEMPRONIO se avesse potuto scegliere avrebbe sicuramente scelto di mangiarlo, in primis per non creare problemi ai genitori nella preparazione di pranzo e cena, colazione e merenda, in secundis per non creare questo proliferare e susseguirsi di eventi drammatici da qualche riga paradossalmente ipotizzati. Vi chiedo dunque: Appoggereste Sempronio affinché possa esibire, e con esibire intendo vivere tranquillamente condividendo con gli altri, un disgusto che non ha scelto?

Morale della favola:

Quello che stiamo vivendo è tanto paradossale, quanto è paradossale discriminare Sempronio perché non ama il formaggio!

E se proprio non si riesce a mettere in pratica questa sorta di livellamento naturale, si consideri allora la società come una pagina Word la cui lingua predefinita è quella italiana, dove le parole straniere, inglesi, francesi o tedesche continuano a essere scritte, però segnate di rosso in quanto ritenute estranee.

Sta di fatto che queste esistono e sta di fatto che Word, nonché Microsoft, ci dà la possibilità di aggiungerle al dizionario, cosicché esse siano uniformi al resto del discorso, così che il rosso non stoni rispetto al nero che emerge primariamente.

ECCO! Se solo la ragione di ciascuno di noi facesse quello che fa Word con le parole non appartenenti alla lingua dell’utente allora il mondo sarebbe un posto migliore.

Il problema non è cogliere il diverso da noi, noi in quanto singoli non noi in quanto gruppo, altrimenti non esisterebbe nemmeno una corteccia visiva e un lobo occipitale, il problema sta nell’esprimersi in merito a ciò che è diverso, addossandosi l’autorità di legittimare qualcosa che è già legittimo in partenza e in potenza, aristotelicamente parlando, per la sola ragione che esiste!

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