Meloni-Trump e gli uccelli del malaugurio: meglio l’Italia a picco che una destra capace
Critiche ideologiche e pregiudizi non fermano il lavoro diplomatico della Premier, che si conferma leader autorevole anche negli USA.

Meloni incontra Trump: attacchi dalla sinistra, ma l’Italia consolida i suoi rapporti internazionali
Mentre la Premier costruisce relazioni internazionali solide, la sinistra italiana grida allo scandalo e spera nel fallimento del Paese pur di attaccare il governo.
18 aprile 2025 – L’incontro tra Giorgia Meloni e Donald Trump ha generato una prevedibile ondata di livore da parte di una certa stampa e della sinistra italiana, sempre pronta a sminuire ciò che non può controllare. Mentre a Mar-a-Lago si costruiscono ponti strategici, in Italia c’è chi preferisce gettare fango, alimentando un pregiudizio cronico verso un governo legittimamente eletto.
La Premier studia, la sinistra ironizza
Giorgia Meloni non è volata in Florida per una foto di rito. Ha incontrato il presidente USA con una preparazione meticolosa, una padronanza dei dossier internazionali e una strategia chiara: mantenere saldo il rapporto con Washington in un periodo in cui l’Europa si muove a tentoni. Ma tutto questo, per alcuni editorialisti e opinionisti militanti, non vale nulla.
Il Fatto Quotidiano, ad esempio, parla di “simpatia e nulla più”, riducendo l’incontro a un esercizio di marketing politico. Fanpage insinua che si tratti di “una mossa di posizionamento pre-elettorale”. E poi ci sono i soliti moralisti de Il Manifesto, che gridano al pericolo per la democrazia. Tutti accomunati da un unico obiettivo: screditare Meloni, anche a costo di colpire l’immagine dell’Italia nel mondo.
Una sinistra che denigra e difende l’indifendibile
A sinistra si è subito alzato il solito coro: “incontro inutile”, “non rappresenta l’Europa”, “scelta sbilanciata”. Ma nessuno di questi opinionisti si prende la briga di spiegare quale Europa difendano. Forse quell’Europa che ha smarrito se stessa, avvolta da un autolesionismo cronico, che ha abbracciato ideologie inconsistenti e imposte a colpi di dogmi: il culto green fine a sé stesso, l’ossessione per il linguaggio inclusivo, le politiche “woke” scollegate dalla realtà dei cittadini.
Un’Europa che ha chiuso gli occhi davanti all’immigrazione incontrollata, lasciando che i confini si dissolvessero sotto la pressione di sbarchi senza fine. Un’Europa che ha legittimato il traffico umanitario travestito da salvataggio, affidando a ONG ultra-finanziate il compito di traghettare clandestini sulle nostre coste, spesso senza alcun coordinamento con gli Stati. E quando un governo come quello italiano tenta di riportare ordine, rigore e rispetto delle regole, ecco che arrivano gli strilli: “disumani”, “razzisti”, “fascisti”.
Ma di disumano c’è solo il cinismo ideologico di chi, in nome di una falsa solidarietà, ha trasformato il Mediterraneo in un cimitero e l’Italia in un campo profughi permanente. In questo contesto, la politica di Trump – netta sull’immigrazione, chiara sui confini, fondata sulla sicurezza nazionale – ha una sua coerenza. E Meloni, che cerca un equilibrio tra umanità e fermezza, tra accoglienza vera e legalità, non può che considerare il confronto con quella visione come un’occasione strategica, non ideologica.
È l’Europa che si è inginocchiata alla Cina, aprendo varchi economici e strategici che oggi paghiamo a caro prezzo. È l’Europa che ha rinunciato alla propria sovranità energetica e industriale. In questo contesto, la visione di Trump – pur discussa e divisiva – acquista un senso: è pragmatica, è sovranista, è anti-globalista in modo selettivo. E Meloni, con intelligenza politica, ha deciso di non ignorarla, ma di dialogare. Chi la attacca, forse, rimpiange un’Europa debole, non certo più giusta.
Donald Trump non ha ricevuto molti leader europei in questi mesi, e solo con scarso entusiasmo si è relazionato con Emmanuel Macron. Lo ha fatto invece con Giorgia Meloni. Il segnale è chiaro: l’Italia conta. E se la Premier riesce a mantenere un equilibrio tra Trump e l’Unione Europea, tra atlantismo e autonomia strategica, è perché ha costruito un profilo sempre più autorevole a livello internazionale. Non si tratta solo di simpatie personali: si tratta di saper stare al tavolo con i potenti del mondo con lucidità, autorevolezza e – perché no – anche empatia.
Trump rappresenta un’America che vuole tornare protagonista, e Meloni ha capito che con i futuri equilibri geopolitici non si scherza. Ha scelto di esserci, di contare, di non restare ai margini. Gli uccelli del malaugurio possono continuare a starnazzare nei salotti televisivi e sui giornali militanti: l’Italia oggi ha una Premier che non si limita a subire il presente, ma tenta di guidarlo. E questo, piaccia o no, fa la differenza.