L’Italia ostaggio dei suoi veti: tra riforme e resistenze ideologiche
Mentre il governo cerca di modernizzare il Paese, una parte della politica e della magistratura rema contro per mantenere lo status quo. Ma gli italiani sanno distinguere tra chi costruisce e chi spera nel fallimento

L’Italia deve liberarsi dai suoi veti: tra riforme, opposizione e interessi di parte
– di Francesco Panasci –
04 febbraio 2025 – Negli ultimi anni, il nostro Paese si è trovato più volte a un bivio: modernizzare le proprie istituzioni e il proprio sistema politico oppure restare ostaggio di veti incrociati, resistenze ideologiche e una classe dirigente incapace di guardare al futuro.
Mentre l’Italia cresce e si rafforza a livello internazionale, all’interno si continua a combattere un’eterna guerra tra chi cerca di costruire e chi spera nel fallimento del governo di turno per poter tornare al potere. Questa dinamica non solo rallenta il progresso del Paese, ma rischia di minare la nostra credibilità agli occhi del mondo.
Riforme e veti: chi ha interesse a fermare il cambiamento?
Uno dei principali problemi della politica italiana è la sua tendenza all’autosabotaggio. Ogni governo che cerca di attuare riforme strutturali si scontra con un sistema che tende a conservare se stesso.
L’attuale governo, nel portare avanti la riforma della giustizia, sta affrontando proprio questo tipo di resistenza: una parte della magistratura e dell’opposizione ha scelto di contrastare le modifiche senza entrare nel merito, ma utilizzando il solito armamentario retorico dell’“attacco alla democrazia” e del “rischio regime”.
Ma di cosa parliamo concretamente?
- La separazione delle carriere dei magistrati, già applicata in molte democrazie occidentali, serve a garantire maggiore equità e a eliminare il rischio di conflitti di interesse tra giudici e pubblici ministeri.
- L’abolizione dell’abuso d’ufficio è stata necessaria per evitare che amministratori pubblici vengano bloccati da procedimenti inutili e pericolosi, che nella stragrande maggioranza dei casi si concludono con il nulla di fatto.
Nonostante queste evidenze, l’opposizione si è schierata contro la riforma per principio, senza proporre alternative reali. Ma a chi giova questo immobilismo?
L’importanza della stabilità in un contesto internazionale
L’Italia non è più una nazione periferica: il nostro Paese oggi è un attore chiave nelle dinamiche europee e geopolitiche globali.
Tuttavia, mentre all’estero il governo italiano viene riconosciuto per il suo ruolo strategico nella stabilizzazione economica e nella sicurezza internazionale, all’interno la classe dirigente si divide in un gioco di potere perenne che mina la nostra stabilità.
- Gli investitori guardano alla stabilità politica come un elemento fondamentale per portare capitali in un Paese. Il caos mediatico e le continue polemiche interne lanciano un segnale negativo.
- I partner internazionali osservano con attenzione la coesione politica interna. Un’Italia divisa e instabile viene percepita come un interlocutore debole nelle trattative più importanti.
La domanda è: chi trae beneficio dal mantenere il Paese in uno stato di perenne conflitto politico?
Meloni e la sfida del cambiamento
Oltre all’opposizione alle riforme, c’è un altro elemento che rende questo scontro così feroce: l’insofferenza per il successo di Giorgia Meloni.
Per la prima volta, il nostro Paese è guidato da una donna che ha raggiunto la vetta senza padrinaggi politici, senza essere espressione di élite economiche o accademiche. Ha costruito il suo consenso in maniera autonoma e ha dimostrato una capacità di governo che ha sorpreso molti osservatori, soprattutto tra i suoi detrattori.
E questo dà fastidio.
Dà fastidio a chi, per decenni, ha pensato che il potere dovesse rimanere nelle mani di una certa cerchia politica. Dà fastidio a chi non riesce ad accettare che un governo di destra possa essere efficace. Dà fastidio a chi sperava nel fallimento e si ritrova, invece, a dover attaccare con pretesti piuttosto che con contenuti concreti.
L’Italia deve liberarsi dai suoi freni interni
L’Italia non ha bisogno di un’opposizione che si limiti a ostacolare ogni riforma per principio. Ha bisogno di un confronto serio, di alternative reali, di una visione costruttiva.
Chi spera nel fallimento di un governo pur di tornare al potere, sta sperando nel fallimento dell’intero Paese.
Per troppo tempo siamo stati prigionieri di una politica che preferisce il caos alla stabilità, la propaganda alla concretezza. È ora di liberarsi da questa logica autodistruttiva e permettere all’Italia di guardare avanti con serietà e determinazione.
Appendice: le argomentazioni pretestuose sui social – un avvocato tra i tanti
Negli ultimi giorni, diversi esponenti del mondo giuridico e alcuni avvocati hanno espresso critiche feroci nei confronti della riforma della giustizia e dell’azione del governo. Alcuni di questi attacchi sembrano più ideologici che fondati su un’analisi concreta dei fatti. Vediamo quindi, punto per punto, le principali obiezioni e perché non reggono alla prova della realtà.
1. “L’Italia è un Paese fallito”
L’Italia è la terza economia dell’Eurozona, un membro influente del G7 e del G20, protagonista nelle relazioni internazionali e nella difesa della cultura e del diritto. Se l’Italia fosse un Paese fallito, non avrebbe questa posizione di rilievo. È facile cedere al catastrofismo, ma un’analisi lucida delle criticità non può trasformarsi in una demolizione ideologica della nazione.
2. “I colletti bianchi vengono resi intoccabili”
L’Italia è uno dei pochi Paesi in cui i politici vengono indagati con una facilità impressionante, spesso senza che si arrivi a una condanna. La storia recente mostra un elenco lunghissimo di procedimenti contro ex Presidenti del Consiglio e Ministri, molti dei quali si sono risolti nel nulla dopo anni di gogna mediatica. Un fenomeno che in altri Paesi occidentali sarebbe impensabile.
3. “La Meloni ha ricevuto un ‘Avviso di garanzia’”
La comunicazione ricevuta dal Presidente del Consiglio è stata usata come strumento per insinuare un sospetto politico. Se si tratta di un atto formale privo di valutazione di merito – come affermato dagli stessi critici – allora perché viene presentato come un fatto di estrema gravità? È una dinamica ben nota: colpire un avversario politico non con una sentenza, ma con il solo fatto che sia destinatario di un atto della magistratura.
Questa vicenda è particolarmente grave agli occhi della comunità internazionale. In un momento in cui l’Italia ha assunto un ruolo di leadership in Europa e nel contesto geopolitico globale, questo attacco alla stabilità politica del Paese rischia di minarne la credibilità. I partner internazionali guardano con preoccupazione a un sistema in cui la magistratura può, di fatto, influenzare la politica interna in modo così evidente.
4. “L’attacco alla magistratura”
La separazione delle carriere tra magistrati giudicanti e requirenti è una riforma attesa da anni, sostenuta da giuristi e costituzionalisti di rilievo. L’obiettivo è rafforzare l’indipendenza della magistratura e garantire che i pubblici ministeri non abbiano un potere sproporzionato rispetto ai giudici. Se la magistratura è davvero indipendente, perché opporsi a una riforma che ne garantisce maggiore imparzialità?
5. “L’impunità per i potenti”
L’abrogazione dell’abuso d’ufficio è stata decisa per evitare che la pubblica amministrazione venga paralizzata dalla paura di procedimenti pretestuosi. Più dell’80% dei processi per abuso d’ufficio si concludeva con un nulla di fatto, ma nel frattempo distruggeva carriere e bloccava investimenti. Uno Stato moderno deve tutelare la legalità senza trasformare la macchina amministrativa in un campo minato.
6. “L’attacco a Li Gotti”
Un avvocato ha il diritto e il dovere di difendere chiunque, ma quando un avvocato penalista entra in politica e poi presenta una denuncia contro il governo, la sua posizione diventa inevitabilmente oggetto di valutazioni. Non si tratta di un attacco alla professione, ma di una riflessione su un evidente intreccio tra ruoli che dovrebbe essere analizzato senza ipocrisie.
7. “La democrazia è in pericolo”
Parlare di “notte profonda della Repubblica” è una drammatizzazione fuori luogo. La stampa è libera, il Parlamento legifera senza restrizioni, la magistratura esercita il proprio potere in totale autonomia. Parlare di regime autoritario è pura propaganda. Il vero pericolo per la democrazia è la delegittimazione sistematica delle istituzioni da parte di chi usa la giustizia come arma politica.
Le riforme sono necessarie. Il futuro del Paese non può essere ostaggio di chi cerca di mantenere il potere a tutti i costi. L’Italia ha davanti a sé un’opportunità storica: crescere, rafforzarsi e consolidare il proprio ruolo di leadership.
Chi ama davvero il proprio Paese lavora per costruire, non per distruggere. E oggi, l’unica scelta che conta è tra chi vuole riformare e chi spera nel fallimento.
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