LETTERATURA – Cambiare l’acqua ai fiori

Se il senso della vita è dato dalla morte cambiare l’acqua ai fiori è un’esaltazione della vita con lo sfondo della morte

Cambiare l’acqua ai fiori di Valérie Perrin, pubblicato nel 2018, tradotto in italiano nel 2019, trova la sua rinascita durante il periodo del lockdown, grazie al passaparola mediatico ritornando nella classifica come uno dei libri più venduti in Italia. Un libro scritto da una donna, che parla di donne ma letto anche dagli uomini. Una compagnia altra, sotto l’ombrellone di questa strana estate, appena trascorsa.

Il personaggio di Violette Toussaint fa viaggiare, nelle oltre quattrocento pagine, apparentemente prolisso, si arricchisce di colpi di scena, storie dentro altre storie e con flashback che portano avanti e indietro, il lettore in una location di quiete apparente, di un piccolo cimitero della Borgogna: Brancion-en-Chalon.

Se il senso della vita è dato dalla morte cambiare l’acqua ai fiori è un’esaltazione della vita con lo sfondo della morte. E se è vero che la vita è solo un passaggio per cui almeno su questo passaggio seminiamo i fiori, il romanzo è un susseguirsi di piccoli scorci di vita che danno il senso della vita stessa. Dove il libro diventa il luogo in cui si ricompone la memoria, la propria vita con i suoi segreti sepolti, proprio come le lapidi che ogni giorno Violette, guarda tra i vari settori del cimitero. Ne legge i nomi e di alcuni di loro, ne racconta il vissuto o alcuni aneddoti, permettendo al lettore di addentrarsi lentamente nella sua vita, infelice e sfortunata.

Una vita trascorsa accanto a Philippe, un marito assente e insofferente nei confronti dei suoi genitori. Ed un segreto a lungo sepolto, che ha reso la protagonista, quasi il fantasma di se stessa. Fino a quando uno straniero, un poliziotto proveniente da Marsiglia, viene a bussare alla sua porta con una strana richiesta, esaudire le ultime volontà di sua madre: essere seppellita in quel cimitero, lontana dal marito.

Da questo incontro, le due vite di Violette, quella presente e quella passata, si intrecciano mostrando due lati quasi opposti del suo carattere.

Come lei stessa dice: Ho due guardaroba, uno lo chiamo “inverno” e l’altro “estate”, ma non c’entrano le stagioni, c’entrano le circostanze. L’armadio inverno contiene solo vestiti classici e scuri destinati agli altri, l’armadio estate solo vestiti chiari e colorati destinati a me stessa. Indosso l’estate sotto l’inverno, e quando solo sola mi tolgo l’inverno.

Un modo originale per richiamare la differenza tra l’immagine pubblica di se, che è collegata all’aspetto esterno della propria identità, e l’immagine privata, che corrisponde alla propria verità interiore; i guardaroba possono simbolizzare, materializzandoli, due diverse modalità del funzionamento psichico, l’estroversione e l’introversione

Violette è una persona la cui anima è piena di ferite, il suo vissuto è fatto di intimità per cui è incapace di mostrare le emozioni, perché ha imparato a non mostrarle neanche alle persone di cui apparentemente si fida. E allora è per questo che lei può mettere i vesti chiari solo quando è libera di potere esprimere se stessa e cioè quando è sola.

Soltanto però, descrivendo il personaggio e le ferite legate al senso dell’abbandono, e alla paura di essere abbandonata da tutti, che allora si può capire il senso di questa frase.

Qualcuno la chiamerebbe sopravvivenza, proprio come nella vita reale.

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