L’AVVOCATO DEL MARTEDI’_ LE CONTROVERSIE CONDOMINIALI: LE CAUSE TRA IL CONDOMINIO E IL SINGOLO CONDOMINO.

Avvocato Francesca Paola Quartararo

La rubrica dell’avvocato del Martedì _ a cura dell’avvocato Francesca Paola Quartararo

Le controversie che interessano l’edificio condominiale possono essere distinte in :

  1. A) le cause tra il condominio ed il singolo condomino;
  2. B) le cause tra il condominio e l’amministratore;
  3. C) le cause tra il condominio ed il terzo.

Oggi si affronta in maniera più approfondita il punto A) le cause tra il condominio ed il singolo condomino. I doveri dei condomini e del Condominio in persona del legale rappresentante p.t. sono rispettivamente previsti dagli artt. 63 disp. att. c.c. e dagli artt. 1130 e segg. c.c.

In materia condominiale, il Condominio, al fine di assicurare la manutenzione delle parti comuni dell’edificio e l’esercizio dei servizi comuni deve far fronte alle spese mediante riscossione dei contributi dovuti dai condomini secondo il piano di riparto approvato dall’assemblea, così come disposto dall’art. 1130 c.c.. Tale articolo dispone che l’amministratore ha il dovere di eseguire le deliberazioni dell’assemblea dei condomini e di riscuotere i contributi ed erogare le spese occorrenti per la manutenzione ordinaria delle parti comuni. Dunque, l’amministratore deve procedere alla riscossione dei contributi condominiali disposta dall’art. 63 disp.att.c.c. che consente all’amministratore di ottenere decreto ingiuntivo immediatamente esecutivo nei confronto dei condomini morosi in base allo stato di ripartizione approvato dall’assemblea senza necessità di autorizzazione alcuna.

Se un condomino fa causa al condominio, in persona dell’amministratore p.t., è tenuto a partecipare alle spese legali sostenute è per la difesa del condominio di cui fa parte?

La Corte civile di Cassazione con l’Ordinanza del 1626/2018 afferma che: “il singolo condomino non dovrà sostenere le relative spese per la difesa del condominio avente veste di sua controparte processuale”. Tale ordinanza tra origine dal seguente caso: due condomini che avevano impugnato una deliberazione assembleare adottata dal loro condominio, deducendo che non fossero dovute le spese sostenute per i compensi di professioni, avvocati e tecnici di parte del condominio. Secondo la Corte di Cassazione si è reso implicito il dissenso ex art. 1132 c.c., dei condomini. Tale norma prevede:“qualora l’assemblea dei condomini abbia deliberato di promuovere una lite o di resistere ad una domanda, il condomino dissenziente, con atto notificato all’amministratore, può separare la propria responsabilità in ordine alle conseguenze della lite per il caso di soccombenza con atto che deve essere notificato entro 30 gg. da quello in cui il condominio ha avuto notizia della deliberazione”.

Nel caso concerto i due condomini non avevano notificato tale atto di dissenso alla difesa in giudizio ma la Corte ha comunque ritenuto implicito il loro dissenso, così da potersi comunque ravvisare una separazione di posizioni e così escludere la partecipazione pro-quota, ex art. 1101 c.c.,al pagamento delle spese di difesa. La Corte di Cassazione ha aderito all’orientamento maggioritario per cui il condominio che agisce in giudizio contro il condomino non è tenuto a partecipare pro-quota alle spese sostenute dal condominio per la difesa in detto giudizio. Dunque, si considera nulla per impossibilità dell’oggetto la delibera dell’assemblea che, con riferimento ad un giudizio che veda contrapposti il condominio ed un singolo condomino, ponga anche a carico di quest’ultimo, pro quota, l’obbligo di contribuire alle spese sostenute dallo stesso condominio per il compenso del difensore o consulente di parte in tale processo, trattandosi di spese per prestazioni rese a tutela di un interesse comunque opposto alle specifiche ragioni personali del singolo condomino.

Un’altra questione rilevante riguarda il procedimento per ingiunzione, difatti, per il recupero credito delle somme di un condomino moroso, si applica la mediazione?

Premesso, l’art. 5 del d.lgs. n. 28/2010 afferma che “la mediazione non si applica nei procedimenti per ingiunzione inclusa l’opposizione, fino alla pronuncia sulle istanza di concessione e sospensione della provvisoria esecuzione”; il che significa l’obbligatorietà della mediazione nei procedimento di ingiunzione non è esclusa a priori ma rimane latente, nel senso che essa prenderà vigore nella fase eventuale dell’opposizione e, precisamente, dopo la prima udienza, deputata, tra l’altro, alla concessione dei provvedimenti di cui agli artt. 648 e 649 c.p.c. ovvero l’assegnazione dell’esecuzione provvisoria del decreto ingiuntivo opposto o, se già concessa, la sua eventuale sospensione. Tale questione è importante, considerato che il mancato esperimento della mediazione comporta conseguenze irreversibili che, a seconda del soggetto su cui grava, possa tradursi nella conferma o, viceversa, nella revoca del decreto ingiuntivo opposto.

Chi è il soggetto legittimato a chiedere la mediazione obbligatoria in materia di decreto ingiuntivo opposto?

Tuttavia, nel caso di opposizione al decreto ingiunto sorge il problema della sorte del decreto ingiuntivo stesso. Se si dovesse ritenere che l’onere di avviare la mediazione gravi sul creditore – opposto, in caso di inerzia, o di assenza della parte al primo incontro, il decreto ingiuntivo verrebbe revocato e il debitore sarebbe libero; diversamente a ritenere che la procedura debba essere attivata dal debitore-opponente, si avrebbe la dichiarazione di improcedibilità dell’opposizione ed il decreto ingiuntivo diventerebbe definitivo e non più contestabile. A tal proposito la Suprema Corte di Cassazione con sen. n. 24629/2015 ha affermato che: “sull’opponente che deve gravare l’onere della mediazione obbligatoria”.

Questo perché nel procedimento ingiuntivo cui segue l’opposizione, si verifica una inversione tra rapporto sostanziale e rapporto processuale, nel senso che nel giudizio di opposizione il creditore del rapporto sostanziale diventa l’opposto – attore in senso sostanziale (ma convenuto in senso processuale) – e il debitorie diventa l’opponente – convenuto in senso sostanziale (attore in senso processuale). Su tale logica – giuridico – processuale, è l’opponente (parte debitrice del rapporto obbligatorio sostanziale) che grava l’onere della mediazione obbligatoria quale unico interessato, ad avere l’onere di introdurre il procedimento di mediazione con conseguenza che la mancata opposizione comporterebbe l’improcedibilità dell’opposizione stessa, dunque il consolidamento del decreto ingiuntivo ex art. 653 c.p.c.; di converso una soluzione differente risulterebbe irrazionale perché premierebbe la passività dell’opponente e accrescerebbe gli oneri della parte creditrice. Il ragionamento della Suprema Corte potrebbe apparire lineare e convincente poiché si pone nella ratio deflattiva della norma sulla mediazione obbligatoria, poiché “attraverso il decreto ingiuntivo, l’attore ha scelto la linea deflattiva coerente con la logica dell’efficienza processuale e della ragionevole durata del processo. Tale pronuncia, è riuscita a ricomporre le diverse posizioni dei giudici di merito, poiché secondo un minore orientamento giurisprudenziale si sosteneva che la mediazione nel giudizio di opposizione al decreto ingiuntivo incombe sull’opposto e la mancata instaurazione comporta l’accoglimento dell’opposizione e la revoca del decreto ingiuntivo.

Facciamo un esempio: Il Tribunale di Bologna con Ordinanza del 19/07/2017 ha aderito al primo orientamento. -“sull’opponente che deve gravare l’onere della mediazione obbligatoria”.

IL CASO: A seguito dell’opposizione a decreto ingiuntivo promossa da un ente pubblico, alla prima udienza il Tribunale concedeva la provvisoria esecuzione parziale al decreto opposto e rilevava l’opportunità di procedere con il giudizio sommario di cognizione ex art. 702 ter c.p.c. Alla successiva udienza veniva disposta la mediazione delegata. Nessuna delle parti provvedeva all’instaurazione del procedimento di mediazione e di tale circostanza ne veniva dato atto dalle parti nel giudizio in corso.

LA DECISIONE: Il Tribunale di Bologna con la suddetta ordinanza aderendo all’orientamento della Corte di Cassazione, dichiarava l’improcedibilità dell’opposizione a decreto ingiuntivo con conseguente conferma del decreto ingiuntivo opposto con condanna dell’opponente al pagamento delle spese del giudizio. Ai sensi dell’art. 5, 2° comma del decreto legislativo n. 28/2010 dal mancato esperimento della mediazione delegata dal giudice istruttore deriva l’improcedibilità della domanda. Come affermato dalla Corte di Cassazione con sen. n. 24629/2015 “in tema di opposizione a decreto ingiuntivo, l’onere di esperire il tentativo obbligatorio di mediazione verte sulla parte opponente, poiché l’art. 5 del d.lgs. n. 28/2010 deve essere interpretato in conformità alla sua ratio e, quindi, al principio di ragionevole durata del processo, sulla quale può incidere negativamente il giudizio di merito che l’opponente ha interesse ad introdurre; Il debitore opponente nel giudizio di opposizione a decreto ingiuntivo ricopre la veste processuale di attore e rappresenta la parte processuale che ha interesse alla prosecuzione del giudizio al fine di evitare che il decreto ingiuntivo diventi definitivamente esecutivo. Qualora si dovesse seguire la tesi opposta secondo la quale l’improcedibilità dovrebbe colpire la domanda formulata nel ricorso monitorio si giungerebbe a conclusioni del tutto eccentriche rispetto alle regole processuali proprie del procedimento di ingiunzione e del successivo giudizio di opposizione. Infatti il creditore opposto, in evidente contrasto con l’impostazione inequivoca del giudizio di opposizione diretto a promuovere gli effetti del decreto ingiuntivo, sarebbe costretto a coltivare il giudizio di opposizione. La suprema Corte di Cassazione con la sentenza appena menzionata, messo fine al contrasto sorto tra i vari giudici di merito su chi grava l’obbligo di esperire il tentativo obbligatorio di mediazione in un procedimento di opposizione a decreto ingiuntivo.

Se il debitore ha provveduto all’integrale pagamento della sorte capitale anteriormente alla notifica del provvedimento monitorio, le spese processuali possono porsi a carico dell’ingiungente?

Nel procedimento di ingiunzione – fase monitoria – fase di opposizione – entrambe le fasi fanno parte di unico processo  è l’onere delle spese processuali, comprese quelle del procedimento monitorio è regolato dall’esito finale del giudizio di opposizione. Ne consegue se il debitore abbia provveduto all’integrale pagamento della sorte capitale anteriormente alla notifica del provvedimento monitorio non libera il debitore dall’obbligazione. Per cui il debitore dovrà corrispondere anche gli ulteriori importi liquidati dal Giudice nel provvedimento (spese del procedimento giudiziario e oneri dell’avvocato). Pertanto, non è sufficiente l’adempimento parziale senza le successive spese per la procedura di recupero così come liquidata nel decreto dal giudice (Trib. Roma sent. 3537/2018; Cass. n. 27234/2017).

Tale materia risulta molto complessa per la quale bisogna analizzare il singolo caso concreto per poter dare delle informazioni e pareri precisi sulla questione, dunque, sempre opportuno rivolgersi ad un esperto, che potrà consigliarVi la miglior soluzione in relazione al caso specifico.

Per tutte le informazioni necessarie consulta il sito web: www.avvocatoquartararo.eu

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