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LA STORIA DEL SINDACO MOROSO, LA TASSA SUI RIFIUTI E GLI EVASORI PALERMITANI

(Terza ed ultima parte)

Il presente documento prende spunto da articoli pubblicati su fonti d’informazione autorevoli come Ansa, Affari Italiani ed altri quotidiani a diffusione regionale tra questi il nostro.

 

Su di essi mi sono solo limitato a fare una ricostruzione dei fatti e delle dovute considerazione, nei confronti di un politico di lungo corso come il prof. Orlando. Penso, che anche in una regione come la nostra e in una città controversa come Palermo, valgano le leggi dello Stato, che sono quelle che garantiscono il cosiddetto stato di diritto e che ci pone o almeno ci dovrebbe porre uguali di fronte la legge.

 

La terza ed ultima parte è dedicata alla condizione di incompatibilità in cui si è trovato il Sindaco nel governare la città, davanti al disinteresse di tutti, cittadini ed autorità competenti, e sulla dichiarazione mendace rilasciata dal professore Orlando.

 

Per entrare nel merito sull’incompatibilità provo a spiegare la dinamica dell’accaduto in modo semplice per renderla facilmente comprensibile, partendo da cosa si intende per incompatibilità e cosa è una dichiarazione mendace applicate al caso specifico.

 

Al momento dell’insediamento, un qualsiasi amministratore pubblico di un ente locale, indipendentemente dal ruolo che andrà a ricoprire, sindaco, consigliere o assessore, la prima operazione che è obbligato a fare ancora prima del giuramento, è quella di sottoscrivere un’apposita dichiarazione, sotto personale responsabilità, con la quale dichiara esplicitamente di non trovarsi in una condizione di incompatibilità.

 

Il “Testo unico delle leggi sull’ordinamento degli enti locali (decreto legislativo 18 agosto 2000, n. 267)” che regolamenta la materia, in materia di incompatibilità, l’art. 63 comma 1 punto 4 e 6, stabilisce, che è incompatibile:

 

4) colui che ha lite pendente, in quanto parte di un procedimento civile od amministrativo, rispettivamente, con il comune o la provincia.

 

6) colui che, avendo un debito liquido ed esigibile, rispettivamente, verso il comune o la provincia ovvero verso istituto od azienda da essi dipendenti è stato legalmente messo in mora ovvero, avendo un debito liquido ed esigibile per imposte, tasse e tributi nei riguardi di detti enti, abbia ricevuto invano notificazione dell’avviso di cui all’articolo 46 del D.P.R. 29 settembre 1973, n. 602;

 

Quindi al momento dell’insediamento e durante la durata del mandato il Sindaco, come già descritto precedentemente, era incompatibile, in quanto aveva in itinere una lite tributaria con il Comune di Palermo per l’aumento della Tarsu deliberata dalla giunta Cammarata, più i debiti con l’ente per oltre 21 mila euro come affermato dall’avv. Fiumefredddo Presidente di Riscossione Sicilia e per quelli con le società partecipate Amg Gas e Amap, per un totale di 7.335 euro.

 

Un “malloppone” che non gli avrebbe permesso di insediarsi, figuriamoci di restare in sella per 5 anni e di ricandidarsi; infatti il successivo articolo 68 della legge in maniera chiara ed inequivocabile ai rispettivi commi 2 e 4 recita:

 

  1. Le cause di incompatibilità, sia che esistano al momento della elezione sia che sopravvengano ad essa, importano la decadenza dalle predette cariche.
  2. La cessazione dalle funzioni deve avere luogo entro dieci giorni dalla data in cui è venuta a concretizzarsi la causa di ineleggibilità o di incompatibilità.

 

La “ratio” della legge era ed è, in quanto sempre in vigore, quella di evitare che un amministratore pubblico nell’esercizio delle sue funzioni possa trovarsi nella doppia veste di controllore e controllato in palese conflitto di interessi; cioè nella posizione che potrebbe condizionare le sue decisioni o quelle di altri uffici alle sue dipendenze come per esempio nel nostro caso l’Avvocatura comunale, per tutelare un interesse proprio.

 

Come abbiamo già detto, prima di iniziare il mandato politico, agli eletti viene fatta firmare un’autodichiarazione con la quale si attesta di non trovarsi nelle condizioni di incandidabilità, ineleggibilità ed incompatibilità.

 

Una dichiarazione delicata, rilasciata davanti al segretario comunale o suo incaricato che in quel preciso momento ricopre la carica di pubblico ufficiale, che serve a verificare il possesso dei requisiti minimi che un amministratore deve possedere, per svolgere il mandato in assoluta serenità ed è quindi una condizio sine qua non, per potersi insediare a svolgere il ruolo.

 

La cosa che rammarica di più in questa storia, per tutti noi che continuiamo a credere nello stato di diritto, basato sulla chiarezza e sull’applicazione delle leggi, vedere persone che vivono al di sopra delle leggi stesse e di godere inspiegabilmente, in nome non si sa di che cosa, di uno stato di impunibilità.

 

L’evidente incompatibilità e la dichiarazione mendace del Sindaco, rese pubbliche dai mezzi di informazione, non hanno trovato interesse nel Presidente della Commissione Tributaria Regionale che non si è neanche chiesto se il ricorrente professore Orlando fosse incompatibile, né da parte del sig. Prefetto che in autonomia poteva rimuovere il Sindaco, né all’Assessore Regionale agli Enti Locali, che poteva approfondire la situazione e procedere alla rimozione, né dai deputati regionali e parlamentari nazionali appartenenti all’area talebana-giustizialista, quelli che cercano giustizia ovunque verso gli altri, ma mai in casa propria.

 

Come per la dichiarazione del professore Orlando sulla residenza, mi rifiuto di continuare a credere che il Sindaco di lungo corso e Docente Universitario di Diritto Pubblico, possa non conoscere il motivo, il significato e le conseguenze penali che potevano derivare da una dichiarazione mendace, anche in una città di frontiera come Palermo.

 

NB: Sul tema generale oggetto della decisione adottata dalla Commissione Tributaria Regionale che accoglieva il ricorso del professore Orlando contro il comune, in data  29 luglio 2015 sul Giornale di Sicilia il tributarista prof. Avv. Cuva affermava, “l’Avvocatura comunale sulle decisioni della Commissione Tributaria Regionale si è sempre opposta facendo ricorso in Cassazione”, e aggiungo che lo ha sempre fatto verso qualsiasi cittadino palermitano, per il caso specifico, che riguarda la vicenda del Sindaco Orlando, l’Avvocatura ha deciso di soprassedere, recando un ipotetico danno alle casse comunali.

Lascio a Voi le dovute considerazioni.

(di Giuseppe Sangiorgi)

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