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Il vero finale di Amarcord: la mano invisibile del fratello Riccardo dietro l’addio alla Gradisca

Nel nuovo ebook "L’importanza di chiamarsi Fellini" emerge che fu Riccardo Fellini a ispirare la scena finale del matrimonio nel celebre film del fratello Federico

Amarcord, uno dei capolavori assoluti di Federico Fellini, torna al centro del dibattito cinematografico grazie alla nuova edizione digitale del saggio L’importanza di chiamarsi Fellini: Riccardo e Federico di Alexander Galiano, edito da Bag One. Il libro, già pubblicato in formato cartaceo, arriva ora sugli scaffali virtuali in un’edizione ebook che riporta alla luce un retroscena poco noto del film.

Il titolo Amarcord, divenuto neologismo della lingua italiana, nasce dall’espressione dialettale romagnola «a m’arcord», che significa “io mi ricordo”. Il film racconta un anno della giovinezza di Fellini, tra memoria e fantasia, in un’Italia sospesa tra il fascismo, i sogni adolescenziali e le figure grottesche di una Rimini trasformata in simbolo universale.

Ma è il finale del film, quello in cui La Gradisca — l’inarrivabile sogno erotico dei protagonisti — sposa un modesto carabiniere anziché il divo americano dei suoi sogni, a nascondere un curioso segreto. Secondo Galiano, l’idea non fu di Federico, ma del fratello minore Riccardo, regista dimenticato e autore nel 1963 del film Storie sulla sabbia, da cui il maestro prese in prestito l’intera struttura della sequenza nuziale.

Le somiglianze tra le due scene sono sorprendenti: il mare fuori stagione, la tavolata improvvisata, gli abiti modesti, il malinconico sorriso della sposa, un musicista vagabondo. Un’atmosfera sospesa tra gioia popolare e nostalgia che stride con l’opulenza visionaria tipica di Fellini, tanto che anche la scenografia finale — priva dell’impronta di Danilo Donati — sembra suggerire una realizzazione dell’ultimo minuto, forse in sostituzione di un altro finale mai girato.

Il saggio di Galiano non solo rivaluta la figura di Riccardo Fellini, spesso eclissata dal genio del fratello, ma offre una nuova chiave di lettura per Amarcord, dimostrando come anche le grandi opere siano il frutto di collaborazioni familiari, intuizioni dimenticate e scelte di regia cariche di significato.

l'importanza di chiamarsi fellini amarcord- Maria Antonietta Beluzzi e Magali Noël

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