Risarcimento agli eredi di un aviere siciliano deportato nei lager nazisti
Il tribunale di Palermo condanna il ministero dell’Economia: 50 mila euro per le violenze subite
Palermo 24 aprile 2025 – Una sentenza attesa da oltre ottant’anni riconosce finalmente giustizia a una famiglia siciliana. Con la decisione n. 1402/2025, la terza sezione civile del tribunale di Palermo, giudice Cinzia Ferreri, ha accolto la domanda di risarcimento presentata da Giuseppe e Guglielmo Salamone, figli di Nicolò Salamone, militare italiano internato nei lager nazisti tra il 1943 e il 1944.
Il procedimento è stato seguito dallo studio legale Palmigiano e Associati. L’azione è partita nel giugno 2023, poco prima della scadenza prevista per le istanze di risarcimento relative ai crimini di guerra nazisti, grazie all’istituzione nel 2022 di un fondo statale rivolto alle vittime e ai loro eredi. Il fondo, gestito dal ministero dell’Economia, ha una dotazione di 20 milioni per il 2023 e 11,8 milioni l’anno per il triennio 2024-2026, e mira a colmare il vuoto lasciato dalle gravi violazioni dei diritti umani subite dai cittadini italiani sotto il regime del Terzo Reich.
Nicolò Salamone, all’epoca Aviere Scelto in servizio in Albania, fu catturato dagli inglesi nel 1942 e, dopo uno scambio di prigionieri, deportato nei lager tedeschi. Fu internato nello Stammlager IV F a Hartmannsdorf-Chemnitz e successivamente nello Stammlager VI J. I nazisti lo costrinsero al lavoro forzato nell’industria bellica Krupp, nota per aver utilizzato manodopera schiavizzata: Alfred Krupp fu poi condannato a Norimberga per questi crimini.
Salamone trascorse 27 mesi in condizioni disumane, tra sevizie, fame e schiavitù. Costretto a turni massacranti, senza retribuzione e sottoposto a malnutrizione e violenze sistematiche, tornò in Italia solo nell’aprile del 1946, dopo lunghe ricerche da parte della famiglia. Nel 1986 ricevette la Croce al merito di guerra per «internamento in campo di concentramento tedesco».
Gli avvocati Alessandro Palmigiano e Luca Panzarella hanno portato avanti il giudizio contro il ministero dell’Economia, riconosciuto responsabile per la gestione del fondo. Il tribunale ha stabilito l’imprescrittibilità dei crimini contro l’umanità anche in sede civile, disponendo un risarcimento di 50.000 euro a favore degli eredi Salamone, comprensivo di spese legali.
Nella motivazione, la sentenza sottolinea come «l’ammontare del risarcimento deve essere ancorato alle peculiari condizioni di vita degli internati militari italiani», tra cui Salamone, durante la prigionia: «l’ingiusta privazione della libertà, la sostanziale riduzione in schiavitù, l’assoggettamento a lavori pesanti senza limiti né riposo e le conseguenze psichiche e sociali subite al ritorno».
«Si tratta di storie che hanno lasciato ferite aperte in molte famiglie – dichiara l’avvocato Alessandro Palmigiano –. Il risarcimento non potrà mai colmare il dolore, ma serve a non dimenticare e a dare voce a chi non ne ha più».
Nonostante la condanna, la vicenda non è ancora chiusa. Il ministero dell’Economia ha impugnato la sentenza, posticipando l’erogazione dell’indennizzo. «È un diritto appellare – osserva Palmigiano – ma sorprende che in un caso così particolare si scelga di impugnare una decisione tanto equilibrata, invece di riconoscere il dovuto a una famiglia che attende giustizia da oltre mezzo secolo».