“Non sto dicendo che l’emendamento è illegittimo. Ma sto dicendo che questo sistema va cambiato. Il Comune non può diventare l’esecutore silente di decisioni prese altrove”. È un intervento netto, quello di Gianluca Inzerillo, pronunciato durante la seduta del 29 luglio a Palazzo delle Aquile, mentre l’Aula era chiamata a votare una variazione di bilancio che includeva fondi regionali destinati ad associazioni e soggetti terzi.
Il caso è delicato: tra le polemiche politiche e un’indagine in corso che coinvolge l’assessora all’Istruzione Giulia Argiroffi, il voto in Consiglio è diventato anche una questione di metodo e opportunità. E Inzerillo, pur senza entrare nel merito giudiziario, ha deciso di intervenire in modo chiaro.
“Questo atto è legittimo, ma il Consiglio non è un ufficio postale”
“Non entro nel merito dell’assessora, non partecipo al tiro al bersaglio mediatico. Sono garantista”, ha chiarito subito Inzerillo. “Ma il punto è un altro: ci troviamo a votare una delibera che trasferisce soldi del bilancio regionale a soggetti terzi, scelti direttamente dalla Regione, senza che il Comune abbia avuto alcun ruolo nella scelta. E questo è inaccettabile. Il Consiglio comunale non può diventare un notaio passivo di volontà altrui”.
Il riferimento è all’articolo 16 della legge regionale n. 3 del 2016, che permette all’Assemblea Regionale Siciliana di approvare emendamenti finanziari in favore di soggetti specifici, con il solo obbligo di veicolare i fondi attraverso il Comune. “Ma noi siamo un Consiglio comunale, non un ufficio postale”, ha incalzato.
“Legittimo non significa giusto. E non ci assumiamo la responsabilità politica”
“Questo meccanismo è legale, sì. Ma è politicamente scorretto e amministrativamente scoraggiante. Perché chiederci di votare oggi significa coinvolgerci, almeno in parte, in un percorso che non ci appartiene. Il Comune viene caricato di responsabilità, di istruttorie, di atti, senza aver partecipato a nessuna fase decisionale”, ha continuato Inzerillo, ricordando anche i “tempi e risorse sottratte agli uffici”, costretti a gestire procedimenti su cui non hanno voce in capitolo.
“Non possiamo condividere la responsabilità politica di decisioni prese altrove. Se la Regione vuole dare contributi a singole associazioni o enti, lo faccia. Ma senza passare da noi. Perché così ci mette in mezzo, ci usa, e noi non siamo disponibili”.
“Voto segreto per tutelare la coscienza dei consiglieri”
Sul finale del suo intervento, Inzerillo ha chiesto con forza il voto segreto: “Questo è un atto che riguarda soggetti riconoscibili, con nomi e cifre. È giusto che i consiglieri possano votare liberamente, senza pressioni. So che molti la pensano come me, ma hanno paura di esporsi. E allora usiamo gli strumenti del regolamento, non facciamoci intimidire”.
Una richiesta che si collega all’articolo 46 del Regolamento consiliare, che consente il voto segreto in casi in cui siano coinvolti interessi o nomi di persone identificabili. “Questa votazione ha un impatto politico, amministrativo e forse anche morale. È giusto che ognuno possa votare secondo coscienza, senza dover giustificare nulla a nessuno”.
“Seguiamo l’esempio di Schifani: le ‘mancette’ non sono più accettabili”
Non manca un passaggio su Renato Schifani, presidente della Regione Siciliana, che nei giorni scorsi ha criticato il meccanismo degli emendamenti nominativi, parlando apertamente di “mancette”.
“Schifani ha detto chiaramente che bisogna cambiare rotta. E io condivido pienamente. Questo sistema va superato. Serve una programmazione trasparente, meritocratica, strutturale. Non una distribuzione opaca, fatta sulla base di relazioni personali o pressione politica. I cittadini vogliono sapere dove vanno i soldi. E soprattutto, perché”.
Inzerillo chiude il suo intervento con un messaggio semplice ma importante: il Comune non può limitarsi a fare da passacarte. Palermo merita che chi la governa abbia voce e responsabilità nelle scelte, soprattutto quando si parla di soldi pubblici. È un appello a lavorare con più trasparenza e rispetto verso i cittadini, perché alla fine, sono loro a dover contare davvero.

