Corse clandestine, smantellate due scuderie: i video circolavano anche su TikTok
I carabinieri di Catania smantellano un sistema di competizioni illegali lungo la strada regionale Mareneve

I carabinieri di Catania smantellano un sistema di competizioni illegali organizzate lungo la strada regionale Mareneve, dove organizzatori lanciavano cavalli al galoppo all’alba con il supporto di motociclisti che facevano scorta e motocicli senza targa che verificavano il passaggio delle forze dell’ordine.
L’operazione coordinata dalla Procura della Repubblica di Catania porta al sequestro di cavalli e calessi e alla denuncia dei responsabili delle due scuderie clandestine: la “Russo” di Mascali e la “Frisina-Puglisi” di Castiglione di Sicilia. I carabinieri del nucleo operativo della compagnia di Randazzo documentano, tra novembre 2023 e gennaio 2024, sei allenamenti e quattro gare clandestine, con il coinvolgimento anche di minorenni.
Un fenomeno organizzato con regole precise
Il sistema delle corse segue un copione ormai consolidato e ben strutturato. I motociclisti, prima dell’alba tra le 6:30 e le 7:15, percorrono più volte la strada con targhe coperte o assenti per segnalare eventuali posti di controllo e rallentare il traffico, creando le condizioni ideali per le competizioni. Gli organizzatori spingono i cavalli, sottoposti a uno sforzo considerevole su un asfalto inadatto alla loro natura, con scooter e auto che li tallonavano per aumentarne la velocità e mantenerli nella carreggiata, mentre fantini a volto coperto si sfidano in pericolosi testa a testa.
Decine di spettatori e supporter si radunano attorno alle competizioni, trasformando le strade pubbliche in un’arena a cielo aperto, dove il divertimento e la ricerca di adrenalina prevalgono su qualsiasi considerazione per il benessere degli animali e la sicurezza stradale.
Il vuoto della piattaforme social
Eppure, ciò che emerge dalle indagini solleva interrogativi inquietanti sulla responsabilità collettiva nel combattere questo fenomeno. I video delle corse circolavano apertamente su TikTok, raggiungendo decine di migliaia di visualizzazioni e generando engagement tra i giovani, eppure nessuna segnalazione pubblica della piattaforma emerge dalle cronache delle operazioni. Gli algoritmi che promuovono contenuti violenti ai danni di animali hanno funzionato a pieno regime, trasformando maltrattamento e illegalità in intrattenimento virale, mentre le piattaforme social restano silenti sulla loro responsabilità nel fenomeno.
I minorenni coinvolti nelle competizioni, affascinati da una visibilità che i social regalavano con facilità, trovavano legittimazione nel consenso digitale generato da like e condivisioni. La mancanza di intervento delle piattaforme non è un dettaglio secondario: rappresenta un vuoto normativo e etico che consente a fenomeni di questo tipo di prosperare indisturbati finché non interviene l’autorità giudiziaria. Nel frattempo, gli animali continuano a soffrire su strade pubbliche mentre i social network monetizzano l’engagement generato dai loro video.







