Caronia: “Dove non c’è lo Stato si infiltra la mafia”
Dalla riunione Antimafia un invito a cambiare linguaggio e a restituire dignità alle periferie

Si è tenuto in Prefettura l’incontro della Commissione regionale Antimafia, un momento di confronto tra magistratura, forze dell’ordine e istituzioni. Dalla riunione è emerso un quadro definito “allarmante” sulla presenza della criminalità organizzata in Sicilia e sulla necessità di una risposta politica e sociale più incisiva.
“L’incontro di oggi ha rappresentato un momento fondamentale di confronto istituzionale fra le forze dell’ordine, la Prefettura, la magistratura e la commissione regionale Antimafia. È emerso un quadro allarmante sulla presenza della criminalità organizzata nel territorio siciliano. La mafia si è evoluta. Tragedie come quella di Paolo Taormina sono il frutto di una cultura mafiosa, di un substrato culturale che vede nei boss mafiosi dei modelli da imitare. La procura, le forze dell’ordine fanno la propria parte, ma è chiaro che dove non c’è lo Stato si infiltra la mafia. Gli interventi non devono essere solo di tipo repressivo. Alla politica e alle Istituzioni spetta il compito di mettere fine alla ghettizzazione di certi strati sociali” – Marianna Caronia
ha dichiarato Marianna Caronia, componente della Commissione Antimafia regionale, dopo la riunione in Prefettura, tappa a Palermo che conclude la seconda mappatura sullo stato di Cosa nostra in Sicilia.
“Per questo, oltre a rafforzare le misure di prevenzione, come i sistemi di videosorveglianza, la politica ha il compito di essere presente nelle zone periferiche delle città. Dall’altro lato, però, dobbiamo stare anche attenti alle parole: anziché parlare di zone rosse, sarà più opportuno parlare di ‘zone libere dall’illegalità’. Dobbiamo dare sostegno agli imprenditori e al tessuto produttivo che ruota attorno alla sana movida palermitana, per evitare che la paura che possano ripetersi tragedie come quelle di sabato si appropri di ciascuno di noi” – conclude Caronia
Un richiamo forte alla responsabilità politica, che va oltre la repressione e invita a ricostruire presenza, fiducia e partecipazione nei territori dove lo Stato rischia di arretrare.







