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Calabria elezioni 2025: Occhiuto riconfermato, affondano Landini, la flottilla e le sinistre violente di piazza

Dalla Calabria arriva il segnale del Paese reale: basta scioperi illegittimi, finzioni pacifiste e complicità col degrado urbano. Vince la concretezza del centrodestra.

Calabria, il voto che spazza via l’ideologia: italiani stanchi di finzioni e scioperi illegittimi

La vittoria netta del centrodestra e di Occhiuto manda un messaggio chiaro: basta con la politica dei simboli, delle flottille finte e dei sindacati in guerra contro il Paese

Roma, 6 ottobre 2025 – La Calabria consegna al centrodestra una vittoria inequivocabile. Roberto Occhiuto riconfermato alla guida della Regione con oltre il 60% dei voti, mentre la sinistra di Pasquale Tridico incassa l’ennesima sconfitta. Non è un voto locale: è un verdetto nazionale. Gli italiani – oggi circa 58,9 milioni, secondo l’ISTAT – sono stanchi di finzioni, piazze preconfezionate e battaglie ideologiche che nulla hanno a che vedere con la vita reale.

Scioperi illegittimi e sindacati fuori rotta

L’ultimo sciopero generale, giudicato illegittimo dalla Commissione di garanzia, è stato l’emblema di un Paese ostaggio di chi vuole bloccare tutto, anche senza regole e senza un vero motivo.
Le motivazioni erano confuse, i toni esasperati, gli slogan identici a quelli di trent’anni fa. Nessun riferimento concreto a salari, produttività, incentivi alle imprese, o tutela dei lavoratori precari.
Solo la solita sceneggiata ideologica: la piazza “contro” il governo, “contro” l’Europa, “contro” il mondo intero. Un rituale stanco, ripetuto a comando, che ormai non mobilita più nemmeno chi dovrebbe beneficiarne.

Maurizio Landini ha trasformato la CGIL in una tribuna politica personale, confondendo il ruolo del sindacato con quello di un partito d’opposizione. Parla di geopolitica, di Gaza, di guerre, di diplomazia internazionale, ma non parla più di lavoro, di formazione, di contratti, di pensioni, di produttività.
È diventato il simbolo di una sinistra sindacale fuori tema, che preferisce agitare bandiere piuttosto che difendere i lavoratori.
E mentre in Italia la disoccupazione giovanile resta una ferita aperta e la precarietà cresce, Landini e i suoi si dedicano a una crociata di facciata, più utile ai titoli dei giornali che ai milioni di cittadini che non arrivano a fine mese.

Il risultato è sotto gli occhi di tutti: uno sciopero contro l’Italia, non per l’Italia.
Bloccare i trasporti, i porti, le scuole e gli ospedali senza uno scopo concreto significa danneggiare proprio chi si dice di voler difendere.
Il sindacato, nato per costruire diritti, oggi distrugge fiducia. E gli italiani lo percepiscono: non vedono più in quelle piazze la voce del lavoro, ma l’eco stonata di un’ideologia che non rappresenta più nessuno.

La flottilla: il simbolo del vuoto

La Global Sumud Flotilla doveva portare aiuti a Gaza. Non è arrivato nulla, se non il solito spettacolo mediatico. Navi fermate, attivisti fermati, telecamere accese, e alla fine zero risultati.
Un copione già visto: la politica dell’immagine che scavalca la realtà, l’urgenza di finire in un titolo di giornale più che di risolvere un problema. Tutto orchestrato per alimentare un sentimento “contro”, per accreditarsi come difensori dei popoli oppressi, mentre i veri oppressori — regimi teocratici, fondamentalismi armati, dittature mascherate da resistenze — vengono ignorati o giustificati in nome di un falso pacifismo.

È la perfetta metafora di una sinistra che parla di pace ma vive di provocazioni: che si indigna per comodo, che insulta l’Italia per sentirsi moralmente superiore e poi si inchina davanti a chi nega libertà, diritti e democrazia.
Dietro la flottilla non c’erano aiuti, c’erano slogan. Non c’era umanità, ma ideologia travestita da compassione.
Gli italiani l’hanno capito, e l’hanno rigettata: hanno visto la “flottilla umanitaria” per ciò che era davvero — una passerella politica, un’operazione di propaganda per strappare qualche voto e tenere in vita un racconto finto di buoni e cattivi.

Ma questa volta la realtà ha vinto sull’immagine. Gli elettori, soprattutto nel Sud, hanno scelto la concretezza di chi costruisce, non le scenografie di chi recita.
Il mito della flottilla è affondato prima ancora di attraccare: simbolo perfetto di una sinistra che continua a navigare a vuoto, lontana anni luce dal Paese reale.

Violenza e degrado, ma il problema sarebbe “la guerra”

Mentre si predica solidarietà internazionale, le nostre città affondano tra baby gang, “maranza” e violenza gratuita. Ragazzi di 15 anni che devastano treni, piazze e locali, mentre i soliti moralisti preferiscono parlare di Gaza, Israele o “resistenza popolare”.
Un Paese serio dovrebbe occuparsi prima di sé stesso, della sicurezza dei propri cittadini, della dignità di chi lavora, non di ideologie importate e inutili.

Il segnale dalla Calabria

Il voto calabrese è un messaggio diretto al sistema politico: basta teatrini, basta finzioni.
Chi ha lavorato, chi ha governato con equilibrio e concretezza, è stato premiato. Chi ha sventolato bandiere e gridato slogan, è stato punito.
Il centrodestra – con Occhiuto, Schifani, Tajani e una Forza Italia sempre più radicata nel Sud – è oggi l’unico blocco che parla la lingua della realtà: infrastrutture, imprese, occupazione, crescita.

Una sinistra scollegata dal Paese

La sinistra ha perso il contatto con il Paese vero. Si è rinchiusa nelle bolle mediatiche, nelle parole d’ordine del politicamente corretto, nelle battaglie simboliche.
Gli italiani non vogliono sentirsi colpevoli per essere italiani, né farsi spiegare da chi vive di slogan cosa sia la solidarietà.
Il messaggio è arrivato chiaro dalle urne calabresi: l’Italia vuole concretezza, non ideologia. E non perdona chi scambia la protesta per politica.

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