Bandiere bruciate, slogan radicali e attacchi al governo: il Pride usato come strumento di campagna
Dopo gli insulti contro Fratelli d’Italia, lo speciale de Il Moderatore smaschera le contraddizioni della sinistra populista

Contro la pace o contro il buon senso? Il populismo di sinistra brucia le bandiere e insulta i diritti
Cartonati, slogan e odio selettivo: la nuova sinistra sdogana piazze ideologiche, ma dimentica chi i diritti li calpesta davvero
Palermo, 22 giugno 2025 – Chi dovrebbe essere, oggi, il vero “non pacifista”? Chi sono davvero quelli che si oppongono alla pace? Forse i poliziotti schierati a protezione dell’ordine pubblico? I cittadini che non vanno in piazza a sventolare bandiere ideologiche? Oppure chi, in nome di una pace a senso unico, sfila con i cartonati dei leader politici per ridicolizzarli, brucia le bandiere di Israele, della NATO, dell’Unione Europea, e insulta l’idea stessa di convivenza democratica?
Questa è la nuova faccia del populismo di sinistra. Una sinistra estrema, fuori controllo, che ha trasformato le piazze italiane in teatri di guerriglia, provocazione e regressione culturale. Non è più protesta: è campagna elettorale permanente, dove lo slogan facile vale più della verità.
Da Gaza a Roma: la pace in versione selettiva
Nel corteo di ieri, a Roma, migliaia di manifestanti hanno inscenato un flash mob: sdraiati a terra per ricordare i morti palestinesi, mentre altoparlanti simulavano esplosioni. Un gesto forte, spettacolare. Ma dietro quell’impatto emotivo, si è consumata una precisa regia ideologica: bandiere europee e israeliane bruciate, cori antisionisti, grida contro la NATO, cartelloni contro Giorgia Meloni, Draghi e Macron.
Molti manifestanti hanno portato in piazza i volti stampati su cartonati dei leader occidentali: un atto che non ha nulla a che vedere con la libertà di espressione. È un atto politico, partigiano, diretto a delegittimare non la guerra, ma chi governa l’Italia e l’Europa.
Il paradosso dei diritti a targhe alterne
Nel nome della pace si sfilava anche per la Palestina, dimenticando però che in quei territori – così come in Iran – le persone LGBTQ+ vengono torturate, perseguitate, incarcerate o uccise. Nessun Pride lì. Nessuna libertà sessuale. Nessuna bandiera arcobaleno. Ma in piazza, ieri, si sventolavano senza imbarazzo le bandiere palestinesi e si bruciavano quelle di Israele, unico Stato in Medio Oriente dove i diritti civili sono tutelati.
Chi rivendica libertà in Italia, ieri sfilava a fianco dei carnefici di quelle stesse libertà. E questo dovrebbe far riflettere anche chi, come il Partito Democratico, continua a oscillare tra la linea di governo e il richiamo delle piazze più estreme.
Dal riformismo al populismo rosso
Una volta c’erano i partiti riformisti, capaci di dialogare, costruire, rappresentare il centro-sinistra. Oggi, quel ruolo è in crisi. La sinistra è spinta verso l’estremismo da chi guida manifestazioni con slogan violenti, attacca la difesa europea, si oppone a qualsiasi forma di deterrenza strategica contro le minacce esterne. Questo aiuta chi? Aiuta Conte, aiuta il grillismo, aiuta chi vuole spostare l’Italia su una traiettoria geopolitica rischiosa e minoritaria.
Eppure l’Europa oggi ha bisogno di una difesa comune, integrata. Ha bisogno di dialogo e di razionalità, non di una sinistra che si traveste da “società civile” per legittimare derive anti-occidentali. Come ha evidenziato il direttore Molinari, è in atto una trasformazione: da partito di governo a partito da corteo, da forza di equilibrio a voce urlata delle frange più radicali.
Un patrocinio usato per attaccare chi lo ha concesso
Questa deriva ideologica, tutt’altro che spontanea, si regge anche su un paradosso istituzionale che Fratelli d’Italia ha già denunciato con forza nel precedente intervento pubblico: la manifestazione del Pride – con tanto di insulti, provocazioni e posizioni politiche radicali – è stata patrocinata e sostenuta dallo stesso governo cittadino contro cui ha poi lanciato attacchi diretti.
Con il sostegno del Comune di Palermo, e con l’uso di spazi simbolici come il Teatro Massimo per la conferenza stampa, il Pride ha goduto di visibilità e legittimazione istituzionale. Ma ha utilizzato quel palco per trasformarsi in una campagna contro gli stessi amministratori che lo hanno sostenuto.
Raoul Russo e Antonio Rini, in una nota ufficiale condivisa con il vicesindaco Giampiero Cannella e il capogruppo Giuseppe Milazzo, hanno chiesto al Sindaco Roberto Lagalla di dissociarsi pubblicamente da quanto accaduto, e di non concedere più patrocini e contributi a manifestazioni che si rivelano faziose e politicamente orientate. Una richiesta di buon senso che, dopo ciò che si è visto in piazza, assume un peso ancora maggiore.
Il falso pacifismo e la rabbia organizzata
Chi non vorrebbe la pace? Tutti, idealmente, la vogliono. Ma la pace non si ottiene bruciando bandiere, insultando l’Europa, o contestando ogni tentativo di difesa comune. La pace richiede politica estera, diplomazia, forza e mediazione. Non basta gridare. Non basta urlare “antifascismo” o “contro lo Stato di polizia”, quando le comunità locali – quelle vere, non le ONG – chiedono più sicurezza, più agenti, più legalità nei quartieri abbandonati.
In questi mesi, ogni manifestazione, ogni sciopero, ogni corteo è stato sfruttato per alimentare scontri, delegittimare le forze dell’ordine, creare confusione sociale. Il referendum bocciato, il “No al patriarcato”, l’opposizione sistematica: tutto costruito su un populismo ideologico che punta al caos come leva elettorale.
Il pericolo non è la guerra. È chi manipola la pace
In un mondo fragile, dove i confini geopolitici sono liquidi e la minaccia è concreta (Russia a Est, instabilità a Sud, Trumpismo a Ovest), l’Europa deve difendersi. E l’Italia deve decidere se stare con chi difende i diritti o con chi li nega. Non si può sfilare per i diritti LGBTQ+ e appoggiare Hamas. Non si può rivendicare libertà e sostenere l’Iran. Non si può manifestare per la pace e portare in piazza l’odio, la rabbia e il disprezzo verso le istituzioni democratiche.
La vera pace non urla. Agisce con coerenza. E oggi, di coerenza, ne abbiamo vista poca.
Nota del Direttore Responsabile: il presente editoriale rappresenta una valutazione giornalistica fondata su fatti di interesse pubblico, nell’ambito del diritto di cronaca e di critica garantito dall’articolo 21 della Costituzione italiana. Le opinioni espresse si pongono nel rispetto dei principi deontologici e non intendono arrecare offesa a persone o categorie. Ogni riferimento è legato a fatti documentabili e pubblicamente noti.
Francesco Panasci
Direttore Responsabile de Il Moderatore