La formazione in Sicilia è come la ruota della fortuna
Dopo tre click day e due annullamenti, il sistema regge ma non convince: enti penalizzati, corsisti delusi e un futuro incerto per la formazione professionale siciliana.
Avviso 7/2023: graduatoria tra “sopravvissuti”, strappi e tante perplessità
Dopo due click day annullati, il terzo regge ma lascia fuori molti: un sistema che premia la velocità, non i progetti
Avviso 7/2023 – 2ª finestra: esce la graduatoria “tra morti, feriti e stranezze”. Dopo due click day della malora, azzerati dal Dipartimento della Formazione Professionale alla faccia di chi in qualche modo era riuscito a presentare e bloccare le risorse, al terzo tentativo il sistema regge, ma con diverse anomalie: enti che in meno di tre minuti hanno caricato e prenotato più risorse su più corsi, mentre molti altri restano fuori. C’è poco da essere soddisfatti e di rilasciare interviste del tipo “il sistema ha retto” dopo due tentativi andati in buca.
Purtroppo, così, il sistema della formazione in Sicilia non trova pace: troppo è lasciato alla sorte e all’abilità tecnica o informatica. Il lavoro degli enti di formazione finisce per dipendere dalla fortuna, una sorta di “ruota digitale” più che da criteri di merito e qualità. Chi continua a investire tempo e risorse può, come si dice, “attaccarsi al tram”.
I corsisti che avevano scelto un determinato ente per partecipare a un corso potranno mettersi il cuore in pace e piangersi addosso, oppure pensare che l’ente “non sia stato abbastanza fortunato o furbo”. Gli enti esclusi sono molti e la tensione cresce: si parla già di proteste, ricorsi e PEC. Nei gruppi di confronto tra operatori del settore, il malumore è evidente: non si percepisce quella trasparenza che dovrebbe accompagnare un processo pubblico, soprattutto dopo un’estate trascorsa tra caricamenti, corsi di recupero dati e una corsa estenuante per trovare corsisti “a ogni costo”.
Molti titolari e collaboratori, ad agosto, hanno lavorato in piena villeggiatura o in montagna, rinunciando alle ferie per promuovere l’iscrizione ai corsi e garantire la partecipazione. Hanno investito risorse proprie per campagne di comunicazione e promozione, convinti che questa fosse finalmente la volta buona. Poi, all’improvviso, tutto salta. Altro che rischio d’impresa: questa è una partita a “Rischiatutto” giocata sulla pelle delle imprese della formazione, dei lavoratori e dei corsisti. Non è solo grave: è umiliante, frustrante, ed è una ferita profonda per chi da anni investe in professionalità e servizi pubblici essenziali.
La delusione è palpabile: non è rabbia sterile, ma la frustrazione di chi si sente vittima di un sistema che non premia il lavoro, bensì la velocità di connessione. È la rabbia di chi non può garantire ai propri dipendenti nemmeno un corso da attivare, dopo mesi di lavoro e sacrifici. Forse sarebbe più equo pensare a un minimo garantito per ogni ente accreditato — anche un solo corso — per evitare la chiusura o il fallimento di realtà che rappresentano il tessuto produttivo della formazione siciliana. Ma una simile proposta non piacerebbe ai “grandi della formazione”, abituati ad accaparrarsi il più possibile. Un equilibrio vero farebbe tremare gli imperi costruiti sull’accumulo di bandi e risorse pubbliche.
Una lotteria digitale non è una politica pubblica
Questa non è programmazione, è una lotteria digitale travestita da procedura pubblica. Un modello che non premia la qualità dei progetti, la serietà degli operatori, né la capacità di generare risultati occupazionali, ma soltanto la rapidità del clic e la potenza della rete. Dopo due annullamenti, riproporre la stessa dinamica “primo che arriva meglio alloggia” ha trasformato un percorso complesso in una gara a cronometro. Il futuro della formazione siciliana non può essere affidato alla casualità di un server o alla velocità di un upload.
Affidamento e parità di trattamento
Chi nei primi due tentativi era riuscito a caricare regolarmente — ricevendo conferme e impegni di risorse — si ritrova oggi svantaggiato rispetto a chi non era riuscito prima. È un evidente vulnus dei principi di affidamento e di parità di trattamento: si è azzerato tutto per tutti, ma il risultato concreto è che alcuni enti hanno perso opportunità già conquistate con fatica e correttezza. La credibilità istituzionale passa anche da qui: dal rispetto di chi ha operato secondo le regole, non dalla fortuna del giorno.
Restare in silenzio o ribellarsi all’ingiustizia?
Chi nei primi due tentativi era riuscito a caricare regolarmente — ricevendo conferme e impegni di risorse — si ritrova oggi svantaggiato rispetto a chi non era riuscito prima. È un evidente vulnus dei principi di affidamento e di parità di trattamento: si è azzerato tutto per tutti, ma il risultato concreto è che alcuni enti hanno perso opportunità già conquistate con fatica e correttezza.
E adesso, cosa dovrebbero fare questi enti? Restare in silenzio?
Fare ricorso? Manifestare davanti all’Assessorato? O chiudere per mancanza di lavoro?
Domande amare, ma necessarie. Perché dietro ogni ente escluso ci sono docenti, tutor, collaboratori, dipendenti e corsisti che avevano creduto in un progetto formativo, in una prospettiva di occupazione e di crescita.
Ogni corso saltato non è solo un numero in meno in graduatoria: è un’occasione perduta per decine di persone.
C’è chi ha investito in attrezzature, chi ha affittato aule, chi ha firmato contratti di collaborazione, e oggi si trova a fare i conti con una paralisi improvvisa e senza colpe.
Il silenzio non può essere l’unica risposta. Serve una riflessione seria e un atto di responsabilità da parte delle istituzioni: chi ha già dimostrato di saper lavorare con correttezza non può essere trattato come se non esistesse.
Le domande che restano
Com’è stato possibile, in pochi minuti, inserire più corsi e prenotare risorse in serie? Perché non si è valutata una soluzione tecnica alternativa — come accessi scaglionati, una coda virtuale o un protocollo di priorità — dopo i due stop precedenti? E soprattutto, dov’è finito il criterio della qualità progettuale se l’unico elemento determinante è la velocità di caricamento? Sono domande legittime, che meritano risposte chiare, non silenzi amministrativi o frasi di circostanza.
Cosa serve per davvero
Serve una procedura stabile e verificabile, che riduca l’alea tecnologica e riporti al centro la qualità dei percorsi, la solidità degli enti e l’impatto sui destinatari. Non si può misurare il futuro della Sicilia formativa in millisecondi. Servono regole chiare, tempi certi, un sistema equo che offra le stesse condizioni di partenza a tutti. La formazione è un servizio pubblico, non una corsa ai clic. Serve far lavorare tutti.







