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RUBRICA DELL’AVVOCATO DEL MARTEDI’_ LICENZIAMENTO: INSUBORDINAZIONE DEL LAVORATORE

 

Quando è legittimo il licenziamento?

Le norme del codice civile disciplinano diverse forme di licenziamento, quali:

  • Licenziamento per giusta causa o disciplinare, si caratterizza in quanto si ha un licenziamento “in tronco” e non è previsto né periodo di preavviso né indennità, per cui il licenziamento avrà effetto dal giorno successivo al ricevimento della lettera del datore di lavoro;
  • Licenziamento per giustificato motivo si differenzia in
  1. Soggettivo: quando il lavoratore commette un fatto meno grave rispetto al licenziamento per giusta causa, si pensi ad esempio, il comportamento negligente del dipendente. Si caratterizza poiché in tal caso è necessario il preavviso durante il quale il lavoratore continua a lavorare ed è retribuito. Sia il datore di lavoro che il lavoratore possono rinunciare al periodo di preavviso, chiedendo l’immediata risoluzione del lavoro purché venga corrisposta all’altro l’indennità sostitutiva del preavviso;
  2. Oggettivo: si tratta di questioni legate alla struttura azienda come crisi aziendali o nuovo assetto organizzativo. Si ha anche nel caso in cui, il dipendente per tre volte al momento della visita fiscale del medico dell’Inps, il dipendente in malattia non era in casa o utilizzi permessi della legge 104 per godere di giorni di ferie.

La Corte di Cassazione con Ordinanza n. 12241/2023 della Sezione Lavoro, ha respinto il ricorso di un lavoratore licenziato per aver rifiutato di seguire un’attività di formazione, gratuita e ritenuta indispensabile per fornire assistenza tecnica ad un cliente.

Secondo l’ordinanza di cui sopra, può essere licenziato il lavoratore che rifiuta, senza giustificato motivo, di partecipare alle attività formative, poiché secondo la Corte, il comportamento negligente del dipendente costituisce insubordinazione grave che si pone in contrasto con l’obbligo di diligenza e di esecuzione delle disposizioni dettate dal datore di lavoro. In particolare veniva accettato nel caso di specie, che le condotte contestate al dipendente erano dimostrate, in quanto lo stesso si era rifiutato di approfondire lo studio di sistemi operativi, seppur non impegnato in altre commesse e, inoltre che la formazione sollecitata non avrebbe comportato alcune spese a carico del dipendente né la necessità di usufruire di permessi o di sacrificare il proprio tempo libero, risultando in definitiva infondate le giustificazioni addotte dal lavoratore a sostegno del proprio rifiuto. Difatti, i giudici del gravame evidenziavano come il codesto lavoratore aveva tenuto un comportamento passivo e privo di spirito di collaborazione presso il cliente, rifiutandosi di svolgere attività di aggiornamento dei sistemi operativi necessari per lo svolgimento della sua attività lavorativa. Per tali ragioni la Corte ha giudicato la condotta di insubordinazione di rilevante gravità e il licenziamento come misura proporzionata in ragione della volontarietà del comportamento posto in essere dallo stesso dipendente.

 

Altro tipico esempio di insubordinazione si verifica allorquando, il dipendente si rifiuta di prendere posto presso la nuova sede di lavoro a seguito di un trasferimento che questi ritiene sia illegittimo o quando si rifiuta di svolgere determinate mansioni che ritiene non conformi al proprio inquadramento lavorativo o al tipo di contratto.

Quali sono le conseguenze dell’insubordinazione del dipendente?

Nel momento in cui il dipendente mostra nei confronti dell’azienda/datore di lavoro una condotta negligente e di insubordinazione le conseguenze legali possono variare in relazione alla gravità del comportamento posto in essere dallo stesso. Secondo gli Ermellini, l’insubordinazione può costituire una giusta causa di licenziamento, dunque, essere licenziato in tronco senza preavviso. Ovviamente sussistono anche casi in cui l’insubordinazione non è ritenuta così grave da determinare il licenziamento in tronco del dipendente, in alcuni casi il comportamento del lavoratore potrebbe essere considerato legittimo. Si pensi ad esempio, ad una situazione tipica ove un lavoratore contesta al superiore le condizioni igieniche dei luoghi di lavoro in modo aggressivo e con toni inappropriati, ma dopo aver verificato effettivamente la situazione e senza agire in modo pretestuoso, il suo comportamento potrebbe non essere considerato un atto di insubordinazione (Tribunale di Velletri con sentenza n. 69/2023).

 

Altro motivo potrebbe essere il caso di insubordinazione possa essere giustificata quando il dipendente rifiuta un trasferimento per una valida ragione ad esempio in quanto titolare di benefici della legge 104 al fine di tutelare la propria salute.

 

Come tutelarsi in caso di licenziamento illegittimo per insubordinazione?

Nel caso in cui il dipendente sia in presenza di un licenziamento illegittimo per insubordinazione è sussistono i motivi per cui il dipendente è giustificato da un grave comportamento del datore di lavoro, in tal caso è dovuta la tutela della reintegrazione del posto di lavoro. Per cui è necessario adire presso le autorità territorialmente compenti attraverso un ricorso all’azienda/datore di lavoro che ha emesso il licenziamento in tronco.

Infine, l’insubordinazione è un comportamento del dipendente/lavoratore che può variare da una condotta più o meno grave ed avere ripercussioni sul rapporto di lavoro con conseguente licenziamento immediato del lavoratore. Difatti è necessario che il lavoratore assuma sempre un atteggiamento di buona fede e correttezza lavorativa, cercando di risolvere eventuali controversie nel rispetto delle norme e delle regole del contratto collettivo nazionale di lavoro.

Gli Ermellini e secondo giurisprudenza recente difatti, sono d’accordo nel ritenere che l’insubordinazione è causa di licenziamento per giusta causa nel momento in cui il dipendente non abbia eseguito la prestazione richiesta dal datore di lavoro senza addurre un giustificato motivo, commette insubordinazione, atteso che correttezza e buona fede avrebbero imposto al lavoratore di avvisare tempestivamente il datore di lavoro della mancanza di volontà o dell’impossibilità di eseguire le istruzioni ricevute dal superiore gerarchico.

La materia in oggetto necessita di ulteriori approfondimenti per la quale bisogna esaminarli in relazione al singolo caso concreto. Per maggiori informazioni e/o pareri in merito alla questione consultate il sito www.avvocatoquartararo.eu

Francesca Paola Quartararo

Avvocato Francesca Paola Quartararo

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